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Il cyberbullismo, secondo l’articolo 1 della legge numero 71 del 29 maggio del 2017 viene definito come “Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica“.
In questo articolo suggeriamo alcune letture sull’argomento.
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Iniziamo la rassegna degli articoli consigliandovi la lettura del testo di Gianluca Dotti su wired dal titolo : “Cosa fare se sei vittima di cyberbullismo” [ click qui per la lettura completa ]
Tutte le cose che si possono fare
“La legge sul cyberbullismo dà degli strumenti giuridici a una serie di soggetti, dalla famiglia alla scuola fino alle associazioni“, spiega Monte: “La novità principale è la possibilità di chiedere al provider l’oscuramento dei contenuti che rappresentano cyberbullismo. E in più, se il provider non provvede all’eliminazione entro 24 ore dalla richiesta, ci si può appellare al Garante per la protezione dei dati personali, che peraltro ha creato un canale preferenziale dedicato proprio alla segnalazione e ai reclami in materia di cyberbullismo”.
La rimozione dei contenuti non è però l’unica via, né è detto che sia sempre la migliore. Tra le possibilità c’è anche quella di sporgere denuncia, oppure di chiedere l’ammonimento al questore. Semplificando, quando viene richiesto l’ammonimento da parte della vittima o dalla famiglia, il minore-bullo viene convocato per una sorta di “ramanzina”. Viene quindi emesso un provvedimento da parte dell’autorità, in cui si dà la prevalenza alla finalità educativa: vengono infatti fornite indicazioni specifiche sul tipo di condotta posta in essere, stigmatizzando il disvalore di certi comportamenti e gli effetti negativi prodotti sulla vittima.
È però possibile farne richiesta solo se sono soddisfatte una serie di condizioni: il minore che ha compiuto l’atto di cyberbullismo deve avere tra i 14 e i 18 anni (se ne ha meno non è imputabile né perseguibile, perché considerato troppo giovane e immaturo) e non deve essere stata sporta denuncia. Se si procede per questa strada, il bullo può essere convocato dal questore, e in questo caso viene coinvolta anche la sua famiglia.
“La scelta più giusta dipende dall’inquadramento del caso”, continua Monte: “Se si è vittima di una baby gang è difficile che la via dell’ammonimento possa essere efficace, e spesso gli interessati nemmeno si presentano dal questore, mentre in altri contesti la convocazione può essere sufficiente da sola a far interrompere le azioni di cyberbullismo“. Insomma, a volte la tattica dello “spaventare” può dare buoni frutti, altre no.
Proprio perché orientarsi può essere complicato, un’ulteriore possibilità che può rivelarsi molto utile è quella di chiedere una mano. Forze dell’ordine come Carabinieri, Polizia e Polizia postale, associazioni, centri anti-violenza, sportelli gestiti dall’ordine degli avvocati, istituzioni, help line, centri d’ascolto: i canali esistenti sono numerosissimi, con persone competenti disponibili a dare consigli.
“Così come dalla rete possono nascere i problemi legati al cyberbullismo, la rete può essere anche la risposta: una ricerca online permette di trovare chi può dare un aiuto, anche se a volte questi enti sono un po’ nascosti e non semplicissimi da trovare. Ascoltare il consiglio degli esperti può essere utile anche perché spesso subentrano dinamiche psicologiche che complicano il tutto”, aggiunge Monte. “Per esempio, a volte capita che si chieda in tutta fretta l’oscuramento dei contenuti, salvo poi accorgersi che si sono distrutte le prove del reato di cui si è vittima. Oppure si affronta la situazione facendosi prendere dall’emotività, senza nemmeno rendersi conto di quando gli episodi spiacevoli che accadono online stiano sfociando davvero nel cyberbullismo”.
C’è una normativa a cui riferirsi in tale contesto? Il nostro ordinamento che tutele offre rispetto al tema del rapporto tra minorenni e web?
Sicuramente, un ruolo determinante è ricoperto dalle indicazioni che l’Unione Europea fornisce su queste tematiche innovative. Il faro con cui orientarsi in materia di privacy è rappresentato dal Regolamento (UE) generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679. In particolare, l’art. 8 contiene specifiche previsioni relative alle “Condizioni applicabili al consenso dei minorenni in relazione ai servizi della società dell’informazione”. Infatti il cd. GDPR ha introdotto il “consenso digitale”, applicato alla fornitura di servizi online per ragazzi under 18. Questo, infatti, sarà lecito solo laddove il minorenne abbia almeno 16 anni. Nel caso in cui l’interessato abbia un’età inferiore, il trattamento viene considerato lecito “soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale”. Tuttavia, è prevista anche una deroga al limite minimo di 16 anni, per cui gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni. Nell’attuare il GDPR, il legislatore italiano ha stabilito che il limite di età per il consenso non potrà essere inferiore ai 14 anni. Per quanto riguarda il cyberbullismo, nel nostro ordinamento è intervenuta la Legge n. 71/2017, attualmente oggetto di discussione in senato per inserire maggiori meccanismi di protezione. Tale norma si pone l’obiettivo di contrastare questo fenomeno in tutte le sue manifestazioni. A tal fine è stato previsto che il minore ultraquattordicenne sia stato vittima di cyberbullismo può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi nella rete. Se entro 24 il gestore non avrà provveduto, l’interessato può rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, che rimuoverà i contenuti entro 48 ore. Il Garante ha pubblicato nel proprio sito il modello per la segnalazione da inviare a:cyberbullismo@gpdp.it [ fonte https://www.ilmattinodifoggia.i ]
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