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Diffamazione Online : rimozione, identificazione, denuncia

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Rimuovere i contenuti, identificare il colpevole e procedere con una denuncia con il supporto del nostro servizio informatico legale contro la diffamazione online.

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vittima di diffamazione online : rispondi alle domande per risolvere
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Requisiti del reato di diffamazione online

La diffamazione online, disciplinata dall’art. 595 del Codice Penale, si verifica quando una persona offende l’altrui reputazione comunicando l’offesa a più soggetti attraverso strumenti digitali come social network, siti web, forum o piattaforme di messaggistica. Perché il reato sia configurabile, devono coesistere i seguenti elementi fondamentali:

  1. Assenza della persona offesa – La diffamazione presuppone che l’offeso non sia presente nel momento in cui l’offesa viene pronunciata o pubblicata. Se invece la vittima è presente, può configurarsi il diverso reato di ingiuria (oggi rilevante solo in sede civile).
  2. Offesa all’altrui reputazione – La condotta deve ledere in modo concreto la considerazione sociale di un soggetto, compromettendo la sua immagine, il suo onore, la sua credibilità o il rispetto di cui gode nella collettività.
  3. Individuabilità del soggetto diffamato – Non è necessario che la persona sia citata con nome e cognome: è sufficiente che sia facilmente identificabile anche per deduzione logica, per esclusione o in via indiretta sulla base del contenuto del messaggio offensivo.
  4. Comunicazione a più persone – L’offesa deve essere comunicata a una pluralità di soggetti. Se viene trasmessa a una sola persona, il reato non si configura (pur potendo comunque sussistere il diritto al risarcimento del danno in sede civile). Nel caso di diffamazione a mezzo Internet, questa condizione si presume automaticamente: la pubblicazione di un contenuto lesivo su un social network o su un sito web, per la sua stessa natura, è destinata a essere visualizzata da un numero indeterminato di utenti in tempi rapidi, determinando quindi la consumazione del reato.

Comprendere questi elementi è essenziale per sapere quando si è di fronte a un comportamento penalmente rilevante e per poter agire correttamente per tutelare la propria reputazione attraverso una diffida legale o un’azione giudiziaria.

Differenze tra diffamazione, calunnia ed ingiuria

La calunnia si verifica quando una persona accusa falsamente un’altra — che sa essere innocente — di aver commesso un reato, rivolgendosi all’autorità giudiziaria o ad altra autorità competente. Questo comportamento è considerato uno dei più gravi delitti contro l’amministrazione della giustizia.

La diffamazione consiste nell’offendere l’onore o la reputazione di una persona assente, comunicando l’offesa a più soggetti (almeno due). Il requisito dell’assenza è fondamentale per distinguere questa fattispecie dal reato di ingiuria.

L’ingiuria, invece, è un’offesa rivolta direttamente alla vittima presente, anche se in presenza di altre persone. Si verifica quando vengono lesi l’onore o il decoro della persona, ma — a seguito del D.Lgs. n. 7/2016 — non è più reato penale bensì un illecito civile. Ciò significa che, ad esempio, inviare un messaggio offensivo tramite SMS, chat, WhatsApp o email rivolto esclusivamente a una persona non costituisce più reato, anche se può dare luogo a un’azione civile. In tali casi è possibile agire tramite un atto di citazione notificato dal proprio avvocato: se l’offesa viene dimostrata con una copia autentica, il giudice può condannare l’autore a una sanzione compresa tra 200 e 12.000 euro, senza conseguenze sulla fedina penale.

Un chiarimento importante proviene dalla Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sent. n. 13252 dell’8 aprile 2021, che distingue tra ingiuria e diffamazione online nelle riunioni virtuali:

  • Se l’offesa avviene durante una riunione “a distanza” (videoconferenza, call, meeting) alla quale partecipa anche l’offeso, si configura l’ingiuria, anche se altre persone sono collegate (reato oggi depenalizzato).
  • Se invece la comunicazione (scritta o vocale) è indirizzata all’offeso e ad altri soggetti non presenti contestualmente — nemmeno in modalità virtuale — si configura la diffamazione.

Con la sentenza n. 44662/2021 del 2 dicembre, la Cassazione ha ulteriormente chiarito il confine tra ingiuria e diffamazione sui social network: – Un’offesa pubblicata su Facebook in una chat privata non costituisce reato se l’insultato è online, poiché si mantiene il criterio della “presenza” (anche virtuale). – L’offesa diretta a una persona presente è sempre ingiuria, anche se altri leggono la conversazione. – L’offesa diretta a una persona distante è ingiuria solo se la comunicazione è esclusivamente tra autore e destinatario. – Se la comunicazione a distanza è indirizzata anche ad altri soggetti oltre all’offeso, si configura la diffamazione. – Se l’offesa riguarda un soggetto assente ed è comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti), si configura sempre diffamazione.

Il termine “social network” in origine indicava qualsiasi rete di individui connessi da legami sociali (familiari, professionali o casuali) e veniva studiato in ambito sociologico secondo la cosiddetta “regola di Dunbar”, che limita a circa 150 il numero di relazioni stabili gestibili da un individuo. L’avvento del web ha rivoluzionato questo concetto: oggi i social media rappresentano una forma evoluta di interazione, capace di ampliare in modo potenzialmente illimitato la rete di contatti personali e professionali. Questo cambiamento ha reso le piattaforme online luoghi centrali per la comunicazione, ma anche per la commissione di reati come la diffamazione e l’ingiuria, amplificandone esponenzialmente la portata e le conseguenze.

Le strade da percorrere in caso di diffamazione online:

Quando si è vittime di diffamazione online è fondamentale agire con una strategia chiara, definendo sin da subito l’obiettivo da perseguire. In base alle vostre esigenze, le opzioni principali sono tre:

  1. Voglio unicamente eliminare il contenuto, senza chiedere risarcimenti né procedere con l’identificazione dell’autore
  2. Voglio identificare l’autore del reato di diffamazione online
  3. Voglio presentare denuncia, identificare l’autore della diffamazione e, se possibile, ottenere anche un risarcimento dei danni subiti

Le pene previste per il reato di diffamazione online a mezzo Internet includono la reclusione da sei mesi a tre anni o una multa non inferiore a 516 euro. In caso di condanna, il responsabile sarà inoltre tenuto a pagare:

  • le spese del legale della parte civile;
  • le spese del proprio legale;
  • il risarcimento dei danni provocati alla parte lesa.

Potete richiedere una ANALISI GRATUITA DELLA DIFFAMAZIONE ONLINE RICEVUTA con un [ click qui ]

1) RIMOZIONE DEI CONTENUTI

I contenuti da rimuovere a chi sono visibili?

  • Pubblicamente, a tutti gli utenti
  • Privatamente, a un gruppo chiuso o accessibile solo dopo registrazione

Se i contenuti sono pubblicamente visibili:

Se i contenuti sono visibili solo privatamente:

La rimozione veloce dei contenuti diffamatori avviene contattando il proprietario del sito, il provider o il social network dove sono stati pubblicati, tramite i canali ufficiali. Se il messaggio viene inviato senza una copia autentica della pagina contenente la diffamazione, l’efficacia è notevolmente ridotta. Allegare la copia autentica, invece, dimostra l’intenzione di perseguire legalmente la violazione e vi tutela anche se il contenuto viene modificato o eliminato. Se questa strada non porta risultati, è possibile procedere con una diffida legale (click qui per approfondire) inviata via email, PEC o WhatsApp, o – se non si hanno i dati personali – pubblicando una risposta legale sotto al contenuto. Si tratta in questo caso di diffide successive, relative a eventi già avvenuti con “obbligo di fare”.

2) VOGLIO IDENTIFICARE L’AUTORE DEL REATO

Se desideri identificare l’autore della diffamazione: Voglio identificare qualcuno: la guida definitiva per stabilire l’identità di una persona su internet [ click qui ]

3) VOGLIO PRESENTARE UNA DENUNCIA, IDENTIFICARE L’AUTORE E OTTENERE UN RISARCIMENTO

La diffamazione online è perseguibile tramite denuncia entro 3 mesi dalla pubblicazione. La parte offesa può costituirsi parte civile fino alla prima udienza per chiedere un risarcimento del danno subito. In alternativa, è possibile agire direttamente in sede civile, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali senza presentare querela.

I principali criteri per determinare l’entità del risarcimento sono:

  • Notorietà dell’autore e ruolo del diffamato
  • Gravità, frequenza e conseguenze della condotta diffamatoria
  • Mezzo di diffusione e sua rilevanza
  • Risonanza mediatica e impatto sull’immagine pubblica
  • Eventuali precedenti diffamazioni o reputazione già compromessa
  • Rettifiche o dichiarazioni correttive

Se non sei sicuro che il contenuto diffamatorio sia effettivamente lesivo e risarcibile, contattaci per una valutazione gratuita. Il nostro studio collabora anche con avvocati esperti in diritto dell’informazione e può assisterti nella procedura legale. Ricorda: è fondamentale allegare alla denuncia la copia autentica dei contenuti diffamatori. Senza di essa, se il contenuto viene rimosso o modificato, non sarà possibile dimostrare quanto pubblicato. Richiedi subito una copia autentica pagina web [ click qui ].

Se sei già stato vittima di altre recensioni negative, ti invitiamo a segnalarcelo. In questi casi può essere utile richiedere un’analisi completa della reputazione per garantire un intervento più ampio e risolutivo, evitando di lasciare online altre informazioni potenzialmente dannose.

Un click sopra l’immagine qui sotto per aprire la nostra infografica dedicata alla diffamazione online o reato di diffamazione su internet :

denuncia per diffamazione su internet

DENUNCIA VIA WEB : E’ POSSIBILE FARE UNA DENUNCIA ONLINE PER EVITARE LE FILE PRESSO CARABINIERI O POLIZIA POSTALE?

Purtroppo non esiste un servizio “denuncia via web” per perseguire il reato di diffamazione online, simile a quello che le forze dell’ordine offrono già per :

Se dovete presentare una denuncia per diffamazione online POTETE COMUNQUE ACCELERARE LE PROCEDURE grazie al Servizio offerto da Informatica in Azienda.

I passaggi da effettuare sono i seguenti :

UNO SCREENSHOT O UNA STAMPA DI UNA PAGINA WEB NON SONO UNA PROVA INFORMATICA CON VALORE LEGALE DA PRESENTARE IN UNA DENUNCIA PER DIFFAMAZIONE ONLINE: OCCORRE UNA COPIA AUTENTICA

Molte persone credono che sia sufficiente una stampa di una pagina web o di un commento sui social per acquisire una prova informatica con valore legale, da allegare ad una denuncia per diffamazione online. Procedere in questo modo, al contrario, non ha alcun valore legale poichè non è possibile garantire l’origine del documento e la controparte può disconoscerne la validità del reato di diffamazione online, sulla base del principio di cui all’art. 2712 cod. civ. Potete approfondire : uno screenshot non ha valore legale [ con un click qui ]

Circostanze aggravanti nel reato di diffamazione online:

In base all’art. 595 del Codice Penale, il reato di diffamazione online può essere punito in maniera più severa quando ricorrono alcune circostanze aggravanti. Queste situazioni, riconosciute dalla giurisprudenza consolidata, aumentano la gravità del reato e l’entità delle pene applicabili.

  1. Attribuzione di un fatto determinato – La diffamazione è aggravata quando all’offeso viene attribuito un fatto specifico, circostanziato e non generico, capace di incidere più profondamente sulla sua reputazione e sulla percezione pubblica della sua persona.
  2. Utilizzo di mezzi di stampa, pubblicità o atto pubblico – L’offesa è considerata più grave se diffusa tramite giornali, media, piattaforme pubblicitarie o atti ufficiali, poiché tali strumenti amplificano enormemente la portata del messaggio diffamatorio. La giurisprudenza prevalente equipara oggi i social network a mezzi di pubblicità, riconoscendo l’aggravante anche quando “il messaggio viene inoltrato a destinatari molteplici e diversi, ad esempio attraverso la funzione di inoltro o tramite gruppi WhatsApp, Twitter o Facebook” (Cass. pen., sez. V, n. 7904/2019; Cass. pen., sez. V, 13/07/2015, n. 8328; Trib. Pescara, 05/03/2018, n. 652).
  3. Offesa rivolta a organi o istituzioni pubbliche – La pena è aggravata se la diffamazione è diretta contro un corpo politico, amministrativo o giudiziario, una sua rappresentanza o un’autorità costituita in collegio, in quanto l’offesa colpisce non solo il singolo ma l’interesse pubblico e istituzionale.
  4. Finalità discriminatorie – La condotta è aggravata se l’offesa è motivata da odio o discriminazione di tipo etnico, razziale o religioso. In tali casi, oltre alle pene per diffamazione, possono essere applicate ulteriori sanzioni previste da normative specifiche contro la discriminazione e l’incitamento all’odio.

La presenza di anche solo una di queste circostanze comporta un aumento significativo della pena e rafforza la posizione della parte lesa in un eventuale procedimento civile o penale. È quindi fondamentale valutarle attentamente prima di avviare un’azione legale.

Cause di esclusione del reato per diffamazione online:

La legge italiana prevede alcune situazioni particolari in cui una condotta che potrebbe apparire come diffamazione online non costituisce reato. Queste ipotesi, dette cause di esclusione della punibilità, sono riconosciute dalla giurisprudenza consolidata e devono essere attentamente valutate caso per caso.

  1. Diritto di cronaca giudiziaria – Raccontare fatti realmente accaduti tramite mezzi di comunicazione di massa rientra nel diritto di cronaca. Tuttavia, il giornalista ha l’obbligo di verificare l’attendibilità delle fonti e di accertare la verità del fatto pubblicato, altrimenti può essere ritenuto responsabile dei danni derivanti dal reato di diffamazione. La responsabilità può essere esclusa se dimostra di aver agito in buona fede ai sensi dell’art. 59 c.p.
  2. Diritto di critica – È possibile esprimere opinioni e giudizi negativi purché siano rispettati alcuni limiti fondamentali: la verità oggettiva dei fatti dichiarati, l’interesse pubblico alla loro conoscenza, la continenza espressiva e una motivazione congrua del giudizio di disvalore che incide sull’onore o sulla reputazione della persona coinvolta (Cass. civ., sez. III, 11/01/2005, n. 379).
  3. Provocazione – Ai sensi dell’art. 599 c.p., “non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall’articolo 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso”. In altre parole, se l’offesa è stata pronunciata immediatamente a seguito di una provocazione ingiusta, la punibilità può essere esclusa.
  4. Diritto di difesa – L’art. 24 della Costituzione tutela il diritto alla difesa: se le espressioni offensive sono risultate necessarie e proporzionate per tutelare un diritto in un procedimento giudiziario (civile, penale o amministrativo), esse non costituiscono reato.

È importante sottolineare che tali cause di esclusione devono essere valutate con attenzione, poiché la semplice convinzione soggettiva di esercitare un diritto non basta: occorre dimostrare che siano stati rispettati i limiti fissati dalla legge e dalla giurisprudenza.

Requisiti del reato di diffamazione online tramite email e chat:

Il reato di diffamazione online può realizzarsi anche attraverso strumenti di comunicazione privata come le email o le chat di messaggistica (ad esempio WhatsApp o Telegram). Tuttavia, per configurarlo in modo giuridicamente valido, devono sussistere alcune condizioni fondamentali che riguardano il numero di soggetti coinvolti e la prova dell’avvenuta comunicazione.

  1. Numero minimo di soggetti coinvolti – Il reato di diffamazione si consuma quando sono coinvolti almeno tre soggetti: chi formula l’offesa e almeno due destinatari che ne vengono a conoscenza. È sufficiente che la comunicazione avvenga in momenti diversi: non è necessario che tutti i destinatari leggano il messaggio contemporaneamente.
  2. Diffamazione tramite email – Si configura quando una persona X invia un’email a Y parlando negativamente di Z e inserendo in copia almeno altre due persone A e B. Tuttavia, il reato si perfeziona solo se A e B hanno effettivamente ricevuto e letto il messaggio. Se X riesce a dimostrare che i destinatari non hanno ancora aperto l’email, la diffamazione non si consuma. È quindi fondamentale disporre di una prova dell’avvenuta lettura. Il nostro studio “Informatica in Azienda” può fornirla tramite analisi forense dei dispositivi di A e B oppure attraverso la copia autentica del messaggio incriminato presente nella loro webmail. Non si parla invece di diffamazione se X scrive a Y e quest’ultimo risponde offendendo Z senza sapere che l’email era stata inviata anche ad altri in copia nascosta.
  3. Diffamazione tramite chat (es. WhatsApp) – Si verifica se una persona X offende Z in un gruppo chiuso in cui Z non è presente. – Se il messaggio viene cancellato prima che qualcuno lo legga, il reato non si consuma. – Se il messaggio viene letto da una sola persona, non si configura diffamazione. – Se il messaggio viene letto da almeno due persone (A e B), il reato è perfezionato. Il nostro studio può fornire a Z la prova con valore legale della diffamazione eseguendo la copia autentica del messaggio letto da A e B. Questa copia, nel caso di WhatsApp, può essere acquisita anche da remoto, senza necessità di inviare il dispositivo, tramite l’accesso alla versione web di WhatsApp dei destinatari.

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Reato di diffamazione online e responsabilità penale di un gestore di un sito internet o di un blog e del provider per i contenuti diffamatori pubblicati da altri

La giurisprudenza italiana ha chiarito in più occasioni che il gestore di un sito web, un blog o una piattaforma online può essere ritenuto penalmente responsabile per i contenuti diffamatori pubblicati da terzi, qualora, dopo essere venuto a conoscenza della loro natura lesiva, non intervenga tempestivamente per rimuoverli.

La Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sent. 08/11/2018, n. 12546, ha stabilito che il blogger o l’amministratore di un sito può rispondere dei contenuti denigratori pubblicati da altri sul proprio spazio online quando, presa cognizione della loro illiceità, li mantenga consapevolmente online. Per questo motivo è fondamentale inviare una diffida legale all’indirizzo di registrazione del dominio — preferibilmente tramite PEC o, in alternativa, al numero di telefono collegato a WhatsApp — per sollecitare formalmente la rimozione dei contenuti diffamatori.

La Suprema Corte di Cassazione, con una sentenza di febbraio 2021, ha inoltre precisato che il gestore risponde anche se il commento diffamatorio non è stato pubblicato da lui stesso. In altre parole, l’obbligo di rimozione sussiste indipendentemente da chi abbia materialmente pubblicato il contenuto: il semplice mantenimento online di un contenuto lesivo, dopo averne appreso l’esistenza, integra una condotta penalmente rilevante.

Anche il provider può essere chiamato a rispondere in concorso, anche qualora si sia limitato a ospitare sui propri server le pagine predisposte dal cliente. Questo principio è stato riconosciuto, tra l’altro, dal Tribunale di Napoli (08/07/2002, V.L. c. T.V. e altri), che ha esteso al provider la responsabilità prevista dall’art. 2050 c.c. e dall’art. 18 della legge n. 675/1996 per il trattamento dei dati personali. Anche nei confronti del provider è possibile inviare una diffida legale all’indirizzo email ufficiale o via fax, previa ricerca dei contatti nei database internazionali dei registri di dominio.

Un importante orientamento in materia è stato espresso anche dalla Corte Europea dei Diritti Umani con la sentenza Pihl vs. Svezia del 9 marzo 2017. La Corte ha chiarito che non si può ritenere automaticamente responsabile il gestore di un sito per ogni commento diffamatorio pubblicato dagli utenti, a condizione che, una volta venuto a conoscenza del contenuto illecito, si attivi immediatamente e con efficacia per rimuoverlo. Al contrario, se il blogger o il gestore mantiene consapevolmente online contenuti diffamatori dopo esserne stato informato, egli diventa corresponsabile del reato di diffamazione insieme all’autore del commento.

In conclusione, l’obbligo di vigilanza e di intervento tempestivo è oggi un principio consolidato sia nel diritto italiano che europeo: chi gestisce uno spazio online ha il dovere giuridico di rimuovere o segnalare contenuti diffamatori non appena ne viene a conoscenza, per evitare responsabilità penali e civili.

Diffamazione online sui social : è vero che se manca l’indirizzo IP dell’imputato non vi è condanna?

Falso. Si tratta di un luogo comune molto diffuso ma del tutto privo di fondamento giuridico. La giurisprudenza italiana ha chiarito in più occasioni che l’assenza dell’indirizzo IP associato al profilo social da cui è stato pubblicato un contenuto diffamatorio non impedisce di giungere a una condanna penale, qualora sussistano altri elementi idonei a ricondurre la condotta a un determinato soggetto.

Infatti, l’indirizzo IP rappresenta soltanto uno degli elementi tecnici utilizzabili per identificare l’autore del reato, ma non è indispensabile ai fini probatori. La condanna può basarsi anche su altri indizi univoci e convergenti, come la riconducibilità del profilo, i contenuti pubblicati, i dati personali associati all’account, i comportamenti digitali o le testimonianze.

La Corte di Cassazione ha più volte confermato questo principio, sottolineando che l’assenza di un dato tecnico come l’indirizzo IP non vanifica la responsabilità penale, se la prova della paternità del contenuto diffamatorio può essere raggiunta con altri mezzi. Approfondisci la posizione della Cassazione qui: l’assenza dell’indirizzo IP collegato al profilo social su cui è pubblicato il post incriminato non è necessario per poter giungere a una sentenza di condanna [ approfondisci ]

Licenziamento per il reato di diffamazione online: lecito o illecito?

Il comportamento del dipendente sui social network può avere rilevanti conseguenze giuridiche e disciplinari. La pubblicazione di post offensivi, critiche eccessive o contenuti diffamatori nei confronti dell’azienda, dei colleghi o dei suoi rappresentanti può legittimare il licenziamento, purché siano rispettati determinati criteri stabiliti dalla giurisprudenza.

Condizioni per il licenziamento legittimo in caso di diffamazione online:

  1. Quando la critica espressa attraverso i social supera il diritto di manifestare il proprio pensiero e si traduce in disprezzo palese verso l’azienda, gli amministratori, i rappresentanti o i partner commerciali, configurando così un atto di diffamazione. (Tribunale di Busto Arsizio, sentenza n. 62 del 19 febbraio 2018)
  2. Quando, tramite un post sui social, il lavoratore ingiuria direttamente il datore di lavoro menzionandolo per nome e cognome. In tal caso il licenziamento è giustificato dalla perdita irrimediabile del rapporto fiduciario tra datore e dipendente, elemento imprescindibile per la prosecuzione del rapporto di lavoro. (Tribunale di Napoli, sentenza n. 8761 del 15 dicembre 2017)
  3. Quando il dipendente diffama pubblicamente i colleghi con post o commenti lesivi della loro reputazione. (Tribunale di Milano, decreto n. 27552 del 29 luglio 2013)

Condizioni per il licenziamento NON giustificato in caso di diffamazione online:

  1. Quando la condotta del dipendente, pur mettendo in cattiva luce l’azienda o i colleghi sui social, non viene contestata tempestivamente. La mancata reazione immediata da parte del datore di lavoro rende il licenziamento ingiustificato. (Tribunale di Larino, sentenza n. 1282 del 4 agosto 2016)
  2. Quando il dipendente esprime un’opinione negativa in modo generico su un articolo riguardante l’azienda, senza riferimenti diretti o elementi specifici tali da configurare il reato di diffamazione. (Tribunale di Parma, sentenza n. 27 del 9 febbraio 2018)
  3. Quando le frasi pubblicate sui social provengono da un rappresentante sindacale. In questo caso la giurisprudenza riconosce un diritto di critica più ampio e tutelato rispetto a quello di un dipendente comune. (Tribunale di Milano, sentenza n. 3153 del 28 novembre 2017)

In conclusione, ogni caso va valutato singolarmente, tenendo conto del contenuto del messaggio, del contesto in cui è stato pubblicato, della tempestività della reazione aziendale e del ruolo del lavoratore. La linea di confine tra critica legittima e diffamazione è sottile: superarla può comportare gravi conseguenze disciplinari e legali.

Diritto di satira e diritto di critica: quali sono i confini?

Il diritto di satira e il diritto di critica rappresentano due importanti manifestazioni della libertà di espressione tutelata dalla Costituzione, ma entrambi trovano dei limiti invalicabili oltre i quali può configurarsi il reato di diffamazione online.

Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 5499 del 10.03.2014), il diritto di satira non può spingersi fino a formulare chiare allusioni a soggetti determinati. Quando ciò avviene, si travalica la sfera della legittimità e si entra nel campo della diffamazione. La satira non deve essere utilizzata come pretesto per ridicolizzare direttamente una persona o metterla a confronto con altri soggetti in modo denigratorio: essa deve mantenere la propria natura di riproduzione ironica e parodistica, distinta dalla cronaca dei fatti.

Il diritto di critica, invece, deve essere esercitato entro il limite della continenza espressiva. Questo limite viene superato quando le espressioni utilizzate sono gravemente infamanti, inutilmente umilianti e si trasformano in una mera aggressione verbale della persona criticata. Il contesto in cui si colloca la critica può essere considerato solo per valutare se le espressioni siano pertinenti al comportamento oggetto di critica, ma non può mai giustificare l’uso di termini che denigrino la persona in quanto tale (Cass. pen., sez. V, n. 15060 del 23/02/2011, Dessi, Rv. 250174).

Perché il diritto di critica sia legittimo, devono essere rispettati i seguenti criteri fondamentali:

  • Pertinenza – La critica deve riguardare fatti di interesse pubblico o connessi al comportamento del soggetto criticato.
  • Continenza – Il linguaggio deve rimanere civile e proporzionato, evitando insulti o espressioni degradanti.
  • Verità oggettiva – Le affermazioni devono essere fondate su fatti veri e documentati.

Ad esempio, la verità di una notizia tratta da un provvedimento giudiziario sussiste solo se essa è fedele al contenuto originale, senza alterazioni o travisamenti. Eventuali inesattezze marginali o secondarie possono considerarsi irrilevanti ai fini della lesione dell’altrui reputazione, purché non incidano sul nucleo informativo essenziale.

Perché l’esercizio del diritto di cronaca possa avere efficacia esimente, la verità della notizia e la fondatezza dell’opinione devono essere valutate con riferimento al momento della loro divulgazione. La Cassazione (sent. n. 23469 del 18/11/2016) ha chiarito inoltre che, qualora venga contestato il contenuto diffamatorio di una notizia, il giornale non può essere oggetto di provvedimenti cautelari preventivi o inibitori che ne impediscano la diffusione, fatta salva la tutela dei dati personali.

Infine, nella valutazione del requisito della continenza, il giudice deve tenere conto non solo del linguaggio utilizzato, ma anche delle modalità con cui la critica viene esercitata. Tuttavia, il rispetto dei valori fondamentali della persona rappresenta sempre un limite invalicabile: esso è superato quando l’offeso, oltre a essere deriso nella propria immagine, viene esposto al pubblico disprezzo (Cass. pen., sez. V, 18/01/2021, n. 8898).

DIFFAMAZIONE ONLINE DA PARTE DI PROFILI FALSI : COSA FARE?

! NUOVO SERVIZIO PER LA SEGNALAZIONE E PROTEZIONE DAI PROFILI FALSI !

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https://www.fakeisfaking.com/

Il problema dei profili falsi e delle azioni illegali di diffamazione online che vengono compiute nell’anonimato è molto serio e non sempre esistono servizi che possano realmente tutelare chi è vittima di questi sconosciuti senza scrupoli. Basta davvero poco per creare un profilo falso e fare una recensione su google non vera e diffamatoria, così come è sufficiente creare un profilo con un nome di fantasia per molestare o intimidire una persona sui social network. Molto più difficile, al contrario, ottenere giustizia con la rimozione dei contenuti inseriti di diffamazione online o l’eliminazione di tali account fraudolenti. Per questi motivi nasce il sito www.fakeisfaking.com ove i presunti profili finti vengono segnalati e perseguiti con una più efficace intimidazione fino ad una azione legale vera e propria sotto la supervisione di un team di esperti di informatica legale guidati dal Dott. Emanuel Celano dello studio “Informatica in Azienda” di bologna.

ESEMPI DI OFFESE SUL WEB e FRASI DIFFAMATORIE SANZIONABILI – Scopri quando le offese sui social sono o non sono perseguibili nel reato di diffamazione online

Molti utenti si rivolgono al nostro studio per denunciare come diffamatorie alcune offese ricevute sui social network che, da un punto di vista strettamente giuridico, non rientrano nella definizione di diffamazione online. Questo accade perché spesso il senso soggettivo di umiliazione o offesa percepito da chi riceve l’insulto non coincide con i requisiti richiesti dalla legge penale per configurare il reato.

È importante distinguere tra:

  • Frasi diffamatorie perseguibili: dichiarazioni che ledono in modo diretto e oggettivo la reputazione di una persona davanti a più soggetti, attribuendo fatti determinati o utilizzando espressioni gravemente lesive della dignità personale o professionale.
  • Offese non perseguibili: espressioni generiche di disappunto, critiche soggettive non circostanziate o giudizi di valore non fondati su fatti concreti, che pur essendo spiacevoli non superano il limite della continenza e non integrano il reato di diffamazione.

Per comprendere meglio la differenza e valutare correttamente se un insulto sia sanzionabile o meno, ti invitiamo a leggere la nostra guida dedicata, con numerosi esempi pratici tratti da sentenze e casi reali: [ esempi di offese sul web che si leggono come reato di diffamazione online ]

IL CONTENUTO DIFFAMATORIO È STATO RIMOSSO… E ADESSO? È POSSIBILE RECUPERARLO E FORNIRNE PROVA PER UNA DENUNCIA?

Sì, in molti casi è possibile. Anche se il contenuto diffamatorio è stato eliminato dal sito o dal social network originale, non significa che sia definitivamente perso. Esistono strumenti e tecniche avanzate che consentono di recuperare tracce digitali o copie archiviate del materiale rimosso, utili a fini probatori in un procedimento penale o civile.

Il nostro studio può occuparsi di ricercare e recuperare il contenuto eliminato attraverso:

  • analisi degli archivi storici dei motori di ricerca (come Google Cache o Wayback Machine);
  • verifica di eventuali copie cache o snapshot salvati da browser, servizi online o piattaforme terze;
  • ricostruzione di prove forensi indirette (link, anteprime, condivisioni o citazioni) ancora presenti sul web;
  • supporto legale per utilizzare tali elementi come prova in una denuncia o azione civile.

Pur non essendo sempre garantito al 100% il recupero integrale del contenuto originario, spesso è possibile ottenere elementi probatori sufficienti a dimostrare la pubblicazione e la responsabilità dell’autore della diffamazione online, anche dopo la rimozione.

Il nostro team sarà lieto di eseguire questa ricerca per voi e assistervi nel perseguire chi ha commesso il reato di diffamazione:

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QUANTO TEMPO HO PER FARE UNA DENUNCIA PER DIFFAMAZIONE ONLINE?

Il termine massimo previsto dalla legge italiana per presentare una denuncia per diffamazione online è di tre mesi dalla data della pubblicazione del contenuto diffamatorio. Questo termine decorre dal momento in cui la parte offesa ha avuto piena conoscenza del fatto, ossia dal giorno in cui ha visualizzato o è venuta a conoscenza della pubblicazione lesiva.

Trascorso tale periodo, il diritto di querela decade e non sarà più possibile procedere penalmente contro l’autore dell’offesa, salvo rare eccezioni previste dalla legge. Per questo motivo è fondamentale agire tempestivamente e raccogliere tutte le prove necessarie (come la copia autentica della pagina web o del post) prima che il contenuto venga modificato o rimosso.

Il nostro studio può assistervi in ogni fase: dalla raccolta delle prove digitali alla redazione della denuncia, fino al supporto legale durante l’intero procedimento.

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COME DIFENDERSI DA UNA MINACCIA DI DENUNCIA PER DIFFAMAZIONE ONLINE?

Ricevere un messaggio o una comunicazione in cui si viene minacciati di denuncia per diffamazione online può generare ansia e incertezza. Tuttavia, finché la denuncia non è stata formalmente presentata, è possibile agire in modo efficace per prevenire conseguenze più gravi e, in alcuni casi, risolvere la questione senza arrivare in tribunale.

Ecco alcuni consigli fondamentali da seguire:

  • Verificate se il reato sussiste realmente – Consultate attentamente la nostra guida sulla diffamazione online per capire se il comportamento contestato rientra effettivamente nella fattispecie di reato. Se emerge una possibile corresponsabilità, chiedere scusa — anche pubblicamente — può essere un primo passo utile per ridurre il rischio di azioni legali.
  • Eliminate o correggete il contenuto offensivo – Se avete la possibilità di rimuovere il contenuto incriminato, fatelo il prima possibile. Se non potete più intervenire direttamente (ad esempio, perché il post è stato condiviso altrove), inviate una richiesta di rimozione al moderatore o al proprietario del sito e scrivete un messaggio privato alla persona offesa chiedendo scusa. Conservate copia di tali comunicazioni: potranno dimostrare la vostra intenzione concreta di riparare al danno.
  • Verificate la presenza di prove reali – Spesso chi minaccia una denuncia presenta semplici screenshot, che non hanno valore probatorio. Se sono trascorse poche ore, è improbabile che sia già stata richiesta a uno studio di informatica forense come il nostro una copia autentica della diffamazione [ click qui ]. In assenza di copia autentica, il contenuto può essere contestato e disconosciuto. Per questo motivo, chiedete che vi venga prodotta la certificazione o copia autentica della pagina web contenente l’offesa.
  • Consultate un avvocato – Se ricevete una lettera formale da parte di un legale, è sempre consigliabile affidarvi a un professionista per rispondere in modo corretto e tutelare i vostri interessi.

Il nostro studio può assistervi in ogni fase della procedura e offrirvi un supporto tecnico e legale qualificato nel caso in cui non abbiate ancora un vostro avvocato di fiducia:

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METTERE UN LIKE O CONDIVIDERE UN POST DIFFAMATORIO È UN REATO PASSIBILE DI DENUNCIA?

Il semplice “like” a un contenuto diffamatorio, nella maggior parte dei casi, non costituisce di per sé un reato penale. Può tuttavia essere interpretato come un gesto di adesione o condivisione morale alle affermazioni diffamatorie, con possibili conseguenze sul piano civile in un eventuale giudizio, specie se accompagnato da altri comportamenti lesivi.

Diverso è il caso della condivisione di un post diffamatorio. In questa ipotesi, infatti, la giurisprudenza considera chi condivide il contenuto come partecipe della condotta diffamatoria, poiché ne amplifica volontariamente la diffusione, contribuendo a portarlo a conoscenza di un pubblico più ampio.

La condivisione equivale quindi a propagare un contenuto illecito e può determinare la corresponsabilità penale per diffamazione, con le stesse conseguenze dell’autore originario del post. Anche un semplice “inoltro” in una chat o gruppo può essere considerato alla stregua di una pubblicazione se rende il contenuto accessibile a più persone.

In sintesi:

  • Like: di norma non integra reato, ma può costituire un elemento indiziario nel contesto di un procedimento giudiziario.
  • Condivisione: può configurare un vero e proprio reato di diffamazione, con responsabilità penale e civile per chi la compie.

DIFFAMAZIONE ONLINE A MEZZO STAMPA (Artt. 595, 596, 596 bis, 597, 599 c.p.)

La diffamazione online a mezzo stampa si configura ogniqualvolta un contenuto giornalistico, pubblicato su testate digitali, blog o portali d’informazione, leda l’onore o la reputazione di una persona. Tuttavia, tale condotta può essere scriminata qualora siano rispettati alcuni limiti fondamentali, riconosciuti dalla giurisprudenza consolidata.

  1. Rilevanza del fatto narrato: l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti deve prevalere sulla tutela della reputazione individuale. Il contenuto non deve rispondere a semplice curiosità ma possedere un’effettiva utilità sociale, anche se riguarda aspetti della sfera privata del soggetto passivo.
  2. Verità dei fatti esposti: poiché il reato di diffamazione non è configurabile nella forma colposa, chi diffonde informazioni ritenendole vere mentre non lo sono può invocare l’applicazione dell’art. 59, comma 4, c.p., con valutazione a proprio favore della scriminante erroneamente supposta. Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la veridicità deve riguardare sia il fatto narrato sia il contenuto dell’intervista; un approccio meno rigoroso ammette comunque l’interesse pubblico a conoscere quanto dichiarato, anche se non pienamente verificato.
  3. Continenza delle espressioni: le modalità comunicative devono essere corrette, misurate e funzionali alla narrazione del fatto. Tale requisito è meno rigido nel diritto di critica, che consente valutazioni soggettive e opinioni, rispetto al diritto di cronaca, dove si richiede un’esposizione neutra e oggettiva dei fatti.

Risarcimento per notizie non aggiornate

Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il risarcimento del danno in caso di mancata rimozione o aggiornamento di notizie non più attuali. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6116 del 1° marzo 2023, ha stabilito che il soggetto interessato ha diritto a richiedere l’aggiornamento o la cancellazione di contenuti relativi a procedimenti penali non più in corso.

L’ingiustificato rifiuto o il ritardo da parte dell’editore nel provvedere alla richiesta può comportare l’obbligo di risarcire i danni derivanti dalla permanenza online di un’informazione incompleta o obsoleta, a condizione che l’interessato dimostri l’effettivo pregiudizio subito.

FAKE NEWS e REATO DI DIFFAMAZIONE ONLINE

Non esistendo ancora in Italia una disciplina normativa specifica dedicata al fenomeno delle fake news, è necessario applicare le stesse disposizioni previste per i reati di diffamazione online, valutando caso per caso il contenuto, il contesto e la finalità della notizia diffusa. A seconda della gravità e delle circostanze, l’autore della notizia falsa può essere perseguito penalmente per diversi reati previsti dal Codice Penale.

  • Diffamazione online: qualora la notizia falsa leda la reputazione di una persona o di un ente, pubblicandola in assenza dell’interessato e davanti a più persone.
  • Procurato allarme (art. 658 c.p.): “Chiunque, annunciando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 10 a 516 euro.”
  • Abuso della credulità popolare (art. 661 c.p.): “Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è soggetto, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico, alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro.”
  • Truffa (art. 640 c.p.): “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro.” Si configura in tutti i casi in cui la fake news produce un vantaggio economico illecito e un danno a terzi.
  • Distorsione del mercato (art. 501 c.p.): quando la diffusione di notizie false è finalizzata a screditare prodotti, servizi o imprese concorrenti, alterando il normale andamento del mercato.
  • Concorrenza sleale (art. 2598 c.c.): nei casi in cui la diffusione di fake news sia utilizzata per ottenere un vantaggio competitivo scorretto nei confronti di un concorrente.

Anche la partecipazione indiretta alla diffusione di notizie false può avere conseguenze giuridiche. Chi commenta, condivide o rilancia una fake news non è considerato penalmente responsabile se dimostra di non essere a conoscenza della falsità del contenuto. Tuttavia, se tale comportamento è posto in essere con la consapevolezza e l’intenzione di favorire la diffusione della notizia falsa, il soggetto potrà essere considerato corresponsabile del reato di diffamazione online o di altri reati connessi.

Determinare il luogo giuridico su Internet in cui il reato di diffamazione online è stato consumato

La determinazione del luogo di consumazione del reato di diffamazione online è una questione complessa e spesso oggetto di interpretazioni giurisprudenziali. Secondo la regola generale dell’art. 8 c.p.p., è competente il giudice del luogo in cui il reato è stato commesso. Tuttavia, quando non è possibile stabilire con certezza tale luogo, si applicano criteri suppletivi previsti dal codice di procedura penale.

In linea generale, la diffamazione è un reato di evento e si consuma nel momento e nel luogo in cui terzi percepiscono l’espressione offensiva. Nel caso di contenuti pubblicati online, il reato si considera consumato nel luogo in cui l’utente accede e visualizza il materiale diffamatorio (Cass. pen., Sez. 5, n. 25875/2006; n. 4741/2000; n. 23624/2012; Sez. 2, n. 36721/2008).

Tuttavia, non è sempre possibile identificare il luogo esatto della percezione del messaggio, poiché non è sufficiente la semplice connessione al sito web che ospita il contenuto: è necessaria l’effettiva percezione soggettiva della comunicazione da parte di almeno due persone (Cass. pen., Sez. 2, n. 36721/2008).

In tali casi, la giurisprudenza prevede che:

  • Se è possibile individuare il luogo dell’ultima parte dell’azione, la competenza territoriale spetta al giudice di quel luogo (Cass. pen., Sez. 5, n. 31677/2015, Vulpio).
  • Se ciò non è possibile, la competenza è determinata in base al domicilio dell’imputato, secondo l’art. 9, comma 2, c.p.p. (Cass. pen., Sez. 1, n. 2739/2010; n. 16307/2011).

La Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 17325/2015, Rocco) ha ulteriormente precisato che, nei reati commessi tramite Internet, il luogo del fatto non coincide con la posizione fisica del server che ospita il contenuto, bensì con quello in cui l’autore, utilizzando un dispositivo connesso alla rete, ha effettuato il caricamento del materiale diffamatorio.

Pertanto, se il luogo della consumazione non è individuabile, ma è noto quello in cui i contenuti sono stati caricati e immessi online, la competenza territoriale deve essere stabilita con riferimento a tale luogo, che assume priorità rispetto al criterio residuale del domicilio dell’imputato (Cass. pen., Sez. 5, n. 31677/2015, Vulpio).

In sintesi, la giurisprudenza più recente stabilisce che, nei casi di diffamazione online:

  • Il reato si consuma nel luogo in cui i terzi leggono o visualizzano il contenuto diffamatorio.
  • Se tale luogo non è determinabile, è competente il giudice del luogo in cui è stato caricato il contenuto online.
  • In ultima istanza, la competenza spetta al giudice del domicilio dell’imputato.
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