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Valore legale email, sms e chat

Conferire valore legale ad una email, sms e chat

Il Codice dell’Amministrazione Digitale (Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e s.m.i.) definisce il documento informatico come la rappresentazione informatica di un contenuto (atti, fatti o dati) giuridicamente rilevante.

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Valore legale documento informatico

Rispetto al valore legale, il Codice prevede soluzioni differenti a seconda che al documento sia o meno apposta uno dei tipi di firma elettronica :

  • Nel caso di documento privo di firma, la capacità di soddisfare il requisito della forma scritta e il valore di prova (il c.d. valore probatorio) sono liberamente valutabili in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità (art. 20).
  • Diversamente il documento informatico, sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale (strumenti informatici che garantiscono l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento ), formato nel rispetto delle regole tecniche, è valido fino a querela di falso (art. 21). Gli standard di sicurezza riconducibili a questi sistemi di firma comportano l’inversione dell’onere della prova, per cui chi intende disconoscere la sottoscrizione di un documento dovrà provare che l’apposizione della firma è riconducibile ad altri e che detta apposizione non è imputabile a sua colpa.

Conferiamo valore legale probatorio a qualsiasi documento informatico, rispettando le caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità richieste dai giudici

1) Valore legale di una email

il valore probatorio dell’e-mail, in quanto documento privo di firma, sarebbe da rinvenirsi nell’art. 2712 c.c. (così come modificato ex art. 23-quater, CAD) alla stregua del quale le riproduzioni informatiche, «fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate» solo se colui contro il quale sono prodotte non le contesta tempestivamente disconoscendone la conformità ai fatti o alle cose medesime. Dall’altro lato, invece, è stato sostenuto che l’e-mail è, a tutti gli effetti, un documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice, come tale liberamente valutabile dal giudice sia in ordine all’idoneità della medesima a soddisfare il requisito della forma scritta, sia per ciò che concerne il suo valore probatorio, ai sensi degli artt. 20, c. 1-bis e 21, c.1, D. Lgs. 82/2005. Tale impostazione si giustifica alla luce del fatto che lo user id e la password utilizzati per accedere alla casella di posta elettronica sono mezzi di identificazione informatica, come tali rientranti nella definizione di firma elettronica data dal legislatore. L’e-mail, inoltre, viene associata all’indirizzo di posta elettronica che identifica l’utente (attestando l’indirizzo di provenienza) e include degli headers, ossia delle informazioni contenute in un blocco di testo da cui si evince indirizzo del mittente, ora, data, oggetto e persino il tragitto effettuato dall’e-mail per giungere a destinazione. Pare potersi affermare, pertanto, che si sia in presenza di una vera e propria firma elettronica, dotata di tutti i requisiti previsti ex lege, poiché i dati elettronici utilizzati come metodo di identificazione informatica sono connessi ai dati che costituiscono il messaggio trasmesso. In quanto documento informatico dotato di firma “semplice”, quindi, il valore probatorio dell’e-mail è liberamente valutabile dal giudice, «tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità». Per tale motivo il legislatore ha previsto che solo i documenti sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale abbiano l’efficacia di scrittura privata prevista dall’art. 2702 c.c. Per quanto concerne il messaggio di posta elettronica semplice, invece, deve ritenersi che sia demandato al giudice il compito di valutare nel caso concreto se l’e-mail prodotta in giudizio possa considerarsi attendibile, anche in relazione agli altri elementi probatori acquisiti.

Disconoscere la email fino all’analisi forense

La cosa importante se si è accusati di aver inviato una email per la quale ci riteniamo estranei è un formale e tempestivo disconoscimento delle email che fa cadere la portata probatoria sino alla verifica della email in oggetto con una analisi forense fatta dal nostro studio( richiedi analisi forense con un click qui ). Ricordiamo nuovamente che la valenza probatoria del messaggio di posta elettronica privo di certificazione volta ad attestarne la provenienza dell’autore, è liberamente valutabile dal giudice. il messaggio di posta elettronica, quale l’email priva di firma elettronica o di analsii forense che ne attesta l’origine non ha l’efficacia della scrittura privata prevista dall’art. 2702 c.c. quanto alla riferibilità al suo autore apparente. A tal proposito giova evocare una recente sentenza della giurisprudenza di legittimità ove a chiare lettere si afferma che: “l’art. 2719 c.c., che esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche, è applicabile tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o sottoscrizione, e , nel silenzio normativo sui modi e termini in cui deve procedersi, entrambe le ipotesi sono disciplinate dagli artt. 214 e 215 c.p.c., con la conseguenza che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se non venga disconosciuta in modo formale e inequivoco alla prima udienza o nella prima risposta successiva alla sua produzione” (Cass. n. 2374 del 2014).

Contattateci per conferire valore legale alle vostre email

Non apre la casella di posta, la notifica via PEC resta valida

La notifica telematica, come quella al domicilio, è fondata sul principio della conoscibilità dell’atto secondo il criterio di ordinaria diligenza del destinatario, pertanto, il fatto che quest’ultimo non si sia premurato di aprire la casella di posta certificata non rileva ai fini della validità della notifica eseguita a mezzo PEC, nei termini previsti dalla legge.

(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 7390/17; depositata il 22 marzo)

2) Valore legale di un SMS

Anche gli short message o SMS sono considerati rilevanti ai fini probatori per dimostrare il configurarsi di un reato. In particolar modo, grazie alla modifica dell’art.626 sono legalmente inquadrati come corrispondenza, quindi con valore di forma scritta. La Cassazione peraltro aveva già conferito valore probatorio agli SMS e alle immagini contenute negli MMS, ritenute “elementi di prova” integrabili con altri elementi anche in caso di contestazione (Cass. Civ. 11/5/05 n. 9884), chiarendo che in caso di disconoscimento della “fedeltà” del documento all’originale, rientrerebbe nei poteri del Giudice accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. 26/01/2000 n. 866, ex multis).  

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3) Valore legale di una Chat

Conversazioni in chat su WhatsApp, Telegram, Facebook, Skype, MSN e altre chat rientrando nella dicitura di forma scritta, di cui è possibile certificare l’autenticità grazie a un account personale o numero telefonico intestato. Quindi anche le chat sono considerabili come probatorie. Esiste tuttavia una differenza fondamentale tra chat acquisite in tempo reale e quelle acquisite post invio.
Se il messaggio vocale viene “captato” in tempo reale, ossia nell’esatto momento in cui viene trasmesso al destinatario, si tratterà di una comunicazione, intendendosi con tale terminologia l’interazione tra due soggetti (mittente e destinatario), attraverso la trasmissione di dati digitali dal contenuto riservato tra due elaboratori fisicamente distanti ma collegati tra loro tramite una connessione internet. Diversamente, se il messaggio vocale viene “captato” successivamente, ossia nel momento in cui è già pervenuto al destinatario, ovvero nel momento in cui il medesimo attiva la connessione internet in precedenza disattivata, ricevendolo, si tratterà di un documento informatico archiviato nella memoria.
Nel primo caso, a fronte di un’interpretazione incentrata sulla natura del messaggio vocale come comunicazione, si pone il problema di chiarire quale strumento debba ritenersi concretamente applicabile per ricercare l’elemento di prova: l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche (ex art. 266 c.p.p.) ovvero l’intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche (ex art. 266-bis c.p.p.).
Nel secondo caso il messaggio vocale è già pervenuto al destinatario pertanto, trattandosi di dati ormai giunti a destinazione che verranno archiviati nella memoria, non potranno più essere considerati oggetto di un flusso di comunicazione, ma documenti informatici. Grazie all’intervento della legge n. 48/08 (9), il documento informatico è equiparabile al documento “tradizionale”, inteso come rappresentativo di una determinata realtà. Infatti, i dati archiviati in memoria godono di un’elevata potenzialità rappresentativa – pari a quella di un qualsiasi documento cartaceo – che potrà rivelarsi solo attraverso specifiche operazioni di acquisizione, custodia, lettura, ed analisi dei dati.

Per procedere alla CARTIFICAZIONE CON VALORE LEGALE è sufficiente richiedere un’ANALISI FORENSE tramite questo modulo [ click qui ] poichè presentare immagini o contenuti senza estrarli in modo forense non ha valore legale e se contestate dalla controparte perdono subito significato.

Nel caso di WhatsApp l’acquisizione forense certificata di Whatsapp può essere utilizzata per :

  • Conferire valore legale alla chat whatsapp;
  • Verificare ll’utilizzo del controllo remoto whatsapp web forensics ai fini di spionaggio e monitoraggio delle chat;
  • Analizzare i file di log di Whatsapp al fine di ricostruire l’attività dell’utente;
  • Documentare atti con finalità di produzione in giudizio, deposito in fascicolo processuale, predisposizione di allegato a denuncia/querela in processi penali o richiesta di risarcimento in ambito civile o denuncia per diffamazione ;
  • Verificare e attestare un alibi informatico;
  • Recupero dati e chat cancellate da Whatsapp su cellulari e smartphone

Possiamo procedere in due modalità per CERTIFICARE UNA CHAT WHATSAPP:

1) Effettuando un’analisi forense classica con il dispositivo da inviare ai nostri laboratori. I costi sono logicamente più alti ma si ha il vantaggio di certificare tutte le conversazioni del dispositivo .

2) Procedendo alla certificazione con valore legale anche di una sola chat whatsapp ( se dovessimo ad esempio certificare solo i messaggi con una persona e non tutte le chat del dispositivo ) senza inviare il dispositivo ai nostri laboratori, connettendoci online da remoto per autorizzare l’accesso alla vostra versione whatsapp web. Soluzione molto più economica e veloce ma indicata solo per certificare poche conversazioni. Per approfondire : come certificare una chat whatsapp da remoto [ click qui ]

Contattateci per conferire valore legale ad una chat

Come si può fare per ottenere una prova informatica?

Esistono metodi utilizzati dagli studi di analisi forense per certificare lo stato di un normale documento informatico in una determinata situazione nel tempo, che possono conferire ai documenti normalmente impiegati un valore di indizio o prova informatica; questi metodi sono riconosciuti da tutti i paesi firmatari della convenzione di Budapest del 2001, ratificata dall’Italia con la Legge 18 marzo 2008, n. 48.
L’applicazione di queste metodologie permette al nostro studio di presentare documenti informatici dotati di valore probatorio adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione  (art. 244, comma 2, secondo periodo, del codice di procedura penale)

Il codice civile disciplina espressamente numerosi documenti che possono costituire prova nel giudizio ancorché non sottoscritti dal suo autore: il telegramma (art. 2705 cod. civ.), i registri domestici (art. 2707 cod. civ.), le annotazioni del creditore a margine dei documenti in suo possesso (art. 2708 cod. civ.), le scritture contabili prodotte contro l’imprenditore (art. 2709 e ss. cod. civ.), le copie delle scritture (art. 2714 e ss. cod. civ.), e, cosa più importante ai fini di questa breve trattazione, le riproduzioni meccaniche (fotografiche, informatiche o fonografiche) di atti o fatti (art. 2712 cod. civ.) La posta elettronica, consistendo in un testo (con o senza allegati) inviato al gestore del servizio perché sia inoltrato a destinazione con la consegna nella casella di posta elettronica del destinatario, appare ipotesi assimilabile − sul piano dell’efficacia probatoria e in via analogica − a quella del telegramma: se il messaggio non è sottoscritto (e la maggior parte delle e-mail non lo è) il giudice può ritenere provati i fatti in esso descritti sino a che la parte, contro cui il documento viene utilizzato, non lo disconosca.
La giurisprudenza di merito è giunta − tuttavia − ad affermare (prevalentemente al fine di emettere decreti ingiuntivi) che l’e-mail costituirebbe sempre un documento informatico sottoscritto con firma elettronica poiché il mittente, per inviare il messaggio, è obbligato a inserire il proprio identificativo personale (username) e il proprio codice di accesso (così Trib. Verona 26 novembre 2005 in Giur. merito 2005,10,2129)

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Ulteriori considerazioni e riferimenti normativi

Il codice di accesso inserito per accedere ad un servizio telematico, dunque, non è una «firma» apposta o associata al messaggio di posta elettronica (col quale non ha alcun legame tecnologico, logico o giuridico) ma è diretta al fornitore del servizio per ottenere l’adempimento del contratto: il motivo per cui il mittente del messaggio inserisce nel sistema la propria password non consiste nella volontà di «far proprio» il contenuto del documento inviato con la posta elettronica, ma nella volontà di ottenere, da un soggetto diverso dal destinatario, l’accesso al sistema che consente e garantisce l’inoltro a destinazione della posta elettronica. Perché un documento informatico soddisfi il requisito della prova scritta richiesto dall’art. 633 cod. proc. civ. è, dunque, necessario che ad esso sia consapevolmente, da parte dell’autore dello scritto, apposta o associata in modo inscindibile e immodificabile una sequenza di caratteri verificabile e riconducibile all’autore del documento. Dunque, è necessario che esso sia equivalente ad una scrittura privata; e ciò avviene solo quando il documento informatico è sottoscritto con una firma avanzata, qualificata o digitale, ex art. 21 c.a.d. Un messaggio di posta elettronica, non munito di firma apposta o associata al messaggio, è − pertanto − un documento scritto (su supporto informatico), trascritto (per via telematica) ma non anche sottoscritto (perché non è firmato). Anche le riproduzioni «meccaniche» (tra cui rientrano, ex art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005, anche le riproduzioni informatiche) formano piena prova dei fatti o delle cose in esse rappresentati, se non sono disconosciute in giudizio dalla parte contro cui vengono prodotte (art. 2712 cod. civ.). Nell’elencazione, non tassativa, dell’articolo 2712 cod. civ. non rientrano le copie fotografiche di scritture e i telegrammi, che sono ipotesi specificamente disciplinate dagli artt. 2719 e 2705 cod. civ. Rientrerebbe, invece, il telefax, secondo una tesi che sembra accolta dalla giurisprudenza di legittimità, seppure aspramente criticata dalla dottrina assolutamente maggioritaria, che si richiama ai principi dell’art. 2719 cod. civ. (copia fotografica di scritture). Invero, il meccanismo di trasmissione di un fax si fonda, essenzialmente, sulla digitalizzazione a bassa risoluzione dell’originale (attraverso la scansione ottica pag. 12/22 del documento inserito nella macchina), nell’invio a distanza dell’immagine del documento (da cui il nome: tele-facsimile), utilizzando un modulatore di suoni e, come veicolo di trasporto, la linea telefonica e, infine, nella demodulazione dei suoni e nella stampa del documento. Il fax, pertanto, costituisce una copia teletrasmessa dell’originale, che resta in possesso del mittente. Sembra, dunque, che il documento che perviene al destinatario sia assimilabile ad una copia fotografica del documento originale (una sorta di fotocopia a distanza) più che ad una riproduzione informatica o fotografica. Pur non essendo firmata in originale, dunque, la copia teletrasmessa mantiene la stessa efficacia del documento originale se la sua conformità non viene espressamente disconosciuta (o è attestata da un pubblico ufficiale autorizzato) come dispone l’art. 2719 cod. civ. L’applicazione dell’art. 2719, peraltro, è conseguente ad una applicazione estensiva, più che analogica, della norma poiché il fax, in quanto immagine dell’originale, che può rimanere archiviata nella memoria della macchina telecopiatrice come una copia informatica o essere teletrasmessa e stampata su carta, è assimilabile ad una copia fotografica della scrittura originale. Quanto all’efficacia probatoria del fax, argomentando sulla base della giurisprudenza formatasi sulle copie fotostatiche o fotografiche, occorre distinguere il disconoscimento della conformità della copia all’originale dal disconoscimento del contenuto del documento o della sottoscrizione.

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