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Consulenza sulla Privacy GDPR

Consulenza Privacy ( GDPR ) – Regolamento Europeo Privacy Ue 2016/679

Il GDPR univoca il mondo della Privacy (trattamento e protezione dei dati personali) con quello della Sicurezza Informatica (ICT-SEC) dal 25 maggio 2018 ed introduce una serie di obblighi che derivano essenzialmente dal più generale principio di responsabilizzazione (accountability) posto a fondamento della struttura del Regolamento europeo Privacy Ue 2016/679.

Consulenza Privacy GDPR – Ue 2016/679

Il documento sul nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati – privacy UE 2016/679 è disponibile per la sua visione qui : https://www.analisideirischinformatici.it/sicurezza/nuovo-regolamento-europeo-sulla-protezione-dei-dati-privacy-ue-2016679/

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Richiesta Preventivo GDPR [ click qui ]

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Nel nuovo regolamento la definizione data protection ha preso il posto della parola privacy. Il termine scelto ha un significato molto più vasto e pone l’accento su un cambio di prospettiva: il problema di fondo non è semplicemente essere in possesso di dati sensibili, ma saperli gestire nel modo corretto.

NOVITA’ INTRODOTTE DAL GDPR

Ecco quali sono i punti chiave del nuovo regolamento sulla privacy:

  • Informativa: informazioni più chiare e complete sul trattamento
  • Consenso: strumento di garanzia anche on line
  • Profilazione: limiti alla possibilità per il titolare del trattamento di adottare decisioni solo sulla base di un trattamento automatizzato di dati
  • Oblio: più tutele con il diritto all‘essere dimenticato
  • Portabilità dei dati: liberi di trasferire i propri dati in un mercato digitale più aperto alla concorrenza
  • Trasferimento extra UE: garanzie rigorose per il trasferimento dei dati al di fuori dell’Unione Europea
  • Data Breach: obbligo di comunicare i casi di violazione dei dati personali
  • One stop Shop: un unico insieme di norme per tutti gli Stati dell’Unione europea
  • Accountability e Risk Management: approccio basato sul principio della responsabilità e sulla valutazione del rischio che premia i soggetti più responsabili
  • Codici di condotta e Certificazioni: semplificazioni per i soggetti che offrono maggiori garanzie e promuovono sistemi di autoregolamentazione
  • DPO: introduzione della figura del Data Protection Officer (RPD – Responsabile Protezione dei Dati)

OBBLIGHI IMPOSTI DAL GDPR

Tra le principali novità introdotte dal GDPR :

  • viene introdotto il principio dell’applicazione del diritto dell’Unione Europea anche ai trattamenti di dati personali non svolti nell’UE, se relativi all’offerta di beni o sevizi a cittadini UE o tali da comportare il monitoraggio dei comportamenti di cittadini UE.
  • l’obbligo di trattare i dati secondo la progettazione “by design” (cioè analizzando il trattamento per tutto il ciclo di vita dei dati. fa riferimento all’obbligo di tutelare i diritti dell’interessato nell’attività di trattamento fin dalla fase della progettazione e per l’intera gestione del ciclo di vita dei dati, ponendo in essere misure di carattere tecnico ed organizzativo quali la minimizzazione e la pseudonimizzazione) e “by default” (cioè il partire da configurazioni “chiuse” dei sistemi informatici, per poi gradualmente ampliarle solo dopo avere valutato l’impatto di eventuali aperture ovvero le impostazioni predefinite devono essere quella che garantiscono il maggior rispetto della privacy, affinché i dati personali non siano resi accessibili ad un numero indefinito di persone senza l’intervento umano);
  • la nascita del Data Protection Officer (DPO), che sarà obbligatorio nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende private che processano dati a rischio (ad es.: il trattamento su larga scala di speciali categorie di dati quali quelli sensibili);
  • l’obbligo di svolgere il Data Protection Impact Assessment (DPIA), per i trattamenti delicati e ad alto rischio (ad es.. il monitoraggio sistematico e su larga scala); le piccole medie imprese non avranno l’obbligo di effettuare la valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (“privacy impact assessment”), tranne nel caso in cui il trattamento presenti un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche. In tal caso il responsabile dovrà preventivamente consultare l’Autorità di controllo.
  • l’obbligo di rispettare il “Data breach”, ccioè la segnalazione al Garante e all’interessato di eventuali fughe o compromissioni di dati;
  • la nascita della procedura di “Prior consultation”, cioè la presentazione di una istanza al Garante qualora il DPIA non produca risultati positivi;
  • la nascita del Registro delle attività di trattamento, sia per il Responsabile che per l’Incaricato, dove vanno conservate numerose informazioni sul trattamento (è sostanzialmente una estensione del vecchio DPS);
  • l’agevolazione di processi di “certificazione” o l’acquisizione di “marchi” o “bollini” che garantiscano la correttezza e serietà del trattamento.
  • Ruolo proattivo dell’Azienda. Il Titolare del trattamento dovrà adottare politiche ed attuare misure adeguate per garantire ed essere in grado di dimostrare che il trattamento dei dati personali effettuato è conforme (fin dalla fase embrionale) a tutte le disposizioni del Regolamento
  • Aumento delle sanzioni in caso di violazioni.
  • La nascita di nuovo organismo : il Comitato europeo per la protezione dei dati (considerando n. 72). All’art. 75 è previsto che “Il comitato dispone di una segreteria messa a disposizione dal garante europeo della protezione dei dati”, pertanto sarà il Garante europeo per la protezione dei dati personali a gestire questo importante aspetto. Questo Comitato sostituisce il Gruppo europeo del Garanti (Gruppo articolo 29), il cui segretariato è invece attualmente affidato alla Commissione europea
  • Obbligo di analisi dei rischi compresi quelli informatici circa la sicurezza dei dati. Ovvero la messa in atto di una previa valutazione dei rischi, per proteggere i dati personali dalla distruzione accidentale o illegale o dalla perdita accidentale e per impedire qualsiasi forma illegittima di trattamento.
  • Redazione di una nuova Privacy policy Sito Web – Informativa privacy del sito secondo il Regolamento UE n. 2016/679 (GDPR)
  • Pseudonimizzazione e la cifratura dei dati personali, ovvero il principio per cui le informazioni di profilazione debbano essere conservate in una forma che impedisce l’identificazione dell’utente. A tal proposito citiamo l’articolo 30 Sicurezza del trattamento : “Tenuto conto dello stato dell’arte e dei costi di attuazione, nonché della natura, del campo di applicazione, del contesto e delle finalità del trattamento, come anche del rischio di varia probabilità e gravità per i diritti e le libertà delle persone fisiche, il responsabile del trattamento e l’incaricato del trattamento mettono in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio, che comprendono tra l’altro, se del caso: a) la pseudonimizzazione e la cifratura dei dati personali; b) la capacità di assicurare la continua riservatezza, integrità, disponibilità e resilienza dei sistemi e dei servizi che trattano i dati personali; c) la capacità di ripristinare tempestivamente la disponibilità e l’accesso dei dati in caso di incidente fisico o tecnico; d) una procedura per provare, verificare e valutare regolarmente l’efficacia delle misure tecniche e organizzative al fine di garantire la sicurezza del trattamento.” Potete approfondire l’aspetto della [ CIFRATURA DATI O CRITTOGRAFIA IN AMBITO GDPR con un click qui ]

Con l’introduzione del GDPR cosa è necessario fare per quanto riguarda un sito web ?

  • Aggiornare la privacy policy del sito, esplicitando in maniera chiara e trasparente quali dati raccogli e come verranno impiegati esattamente. Maggiori informazioni su come aggiornare la Privacy policy Sito Web – Informativa privacy del sito secondo il Regolamento UE n. 2016/679 (GDPR)
  • Richiedere un consenso esplicito da parte dell’utente per utilizzo dei dati quando gli chiediamo di lasciare il suo contatto. C’era anche prima, ma da maggio 2018 in poi dobbiamo specificare bene per quali scopi i dati verranno utilizzati, in modo dichiarato e trasparente.
  • Consentire e facilitare la possibilità di de-registrarsi completamente dalla banca dati dell’azienda, in qualsiasi momento, secondo il cosiddetto “right to be forgotten”. L’utente deve essere in grado di revocare il suo consenso come e quando vuole.
  • Raccogliere soltanto i dati strettamente necessari all’uso che ne faremo, limitando il più possibile “l’invasione” della privacy dell’utente. Meno dati raccogliamo, più minimizziamo i rischi
  • Avvisare tutti i vecchi utenti di questa nuova informativa e dunque dare loro l’eventuale possibilità di cancellarsi.
  • Se l’utente del nostro sito è minorenne? Ci deve essere la possibilità che il genitore ne autorizzi il trattamento dei dati al posto suo.
  • Potete Acquistare una Privacy Policy GDPR per sito web a questo link [ click qui ]

Data Protection Officer o DPO

Tra i nuovi adempimenti, è prevista una nuova figura professionale :  il Responsabile per la protezione dei dati personali (Data Protection Officer).
Il Data Protection Officer o, per meglio dire, il Responsabile della Protezione dei Dati, è una nuova figura professionale che va ad inserirsi nel panorama, già nutrito, dei consulenti aziendali sempre più proiettati ad una totale compliance in materia di sicurezza nelle aziende
Il DPO (Data Protection Officer) sarà quindi un manager ma anche obbligatoriamente dovrà avere approfondite conoscenze sia in campo normativo sia in materia di sicurezza informatica.
Le attività del DPO potranno comprendere anche le attività già previste per il ruolo di responsabile privacy.
Il linea generale la qualifica di DPO – Data Protection Officer – di fatto muta l’attività del consulente privacy in azienda.

Il DPO è obbligatorio in qualsiasi caso in cui il trattamento sia effettuato:

  • da una pubblica amministrazione o da un suo organismo,
  • da società con più di 250 dipendenti,
  • da aziende, le cui attività principali siano costituite, per loro natura, scopo o finalità, da sistematico e regolare monitoraggio delle persone interessate, oppure se l’attività principale del titolare implicherà un trattamento su larga scala di dati sensibili, relativi alla salute o alla vita sessuale, genetici, oppure giudiziari e biometrici.  (escluse comunque le autorità giurisdizionali)

Il DPO rimarrà in carica, come minimo, due anni, rinnovabili alla scadenza. L’incarico potrà essere affidato ad un soggetto terzo laddove, il precedente DPO, non detenga più le qualità richieste dalla norma.
Un DPO dovrà detenere qualità di natura professionale, esperienza ed abilità nell’area “legge sulla privacy”, nonché rispettare i compiti (o parte di essi come da accordi presi con l’amministrazione del titolare) previsti per detta figura. Il DPO non dovrà avere conflitti di interesse in azienda e dovrà essere coinvolto preventivamente nelle decisioni del management. Il DPO potrà anche essere un dipendente interno all’azienda oppure esterno in forza di un contratto di servizi.

I requisiti del DPO, Responsabile della protezione dei dati personali, nominato dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento, dovrà:
1. possedere un’adeguata conoscenza della normativa e delle prassi di gestione dei dati personali;
2. adempiere alle sue funzioni in piena indipendenza ed in assenza di conflitti di interesse;
3. operare alle dipendenze del titolare o del responsabile oppure sulla base di un contratto di servizio.

Il titolare o il responsabile del trattamento dovranno mettere a disposizione del Responsabile della protezione dei dati personali le risorse umane e finanziarie necessarie all’adempimento dei suoi compiti.

I compiti del DPO sono:

  • Informare il titolare e gli incaricati, circa gli obblighi derivanti dai dati trattati;
  • Monitorare l’implementazione ed applicazione delle politiche adottate dal titolare in materia di protezione dei dati, assegnazione delle responsabilità, formazione delle risorse umane (in materia di protezione dei dati) ed in materia di verifiche derivanti da quanto sopra;
  • Assicurare che la “documentazione” di cui ai precedenti punti (l’equivalente del nostro DPS) sia redatta ed efficacemente aggiornata. Vengono riconosciuti importanti principi come l’accountability, ovvero un obbligo del rendiconto delle attività che incidono sulla protezione dei dati personali ma in un’ottica proattiva, per esempio il considerando n. 74 asserisce che “il titolare del trattamento dovrebbe essere tenuto a mettere in atto misure adeguate ed efficaci ed essere in grado di dimostrare la conformità delle attività di trattamento con il presente regolamento, compresa l’efficacia delle misure”, inoltre, è previsto che “Per dimostrare che si conforma al presente regolamento, il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento dovrebbe tenere un registro delle attività di trattamento effettuate sotto la sua responsabilità” (considerando n. 82 e art. 30). In questo contesto viene quindi previsto un obbligo di tenere un registro delle attività del trattamento dei dati personali, adempimento solo per alcuni limitati profili simile al Documento Programmatico per la Sicurezza (c.d. D.P.S.) previsto fino al 2012 nel Codice della Privacy (disposizioni abrogate all’art. 34 lett. g e punto 19 dell’Allegato B del Codice della Privacy).
  • Monitorare che accessi illeciti ai dati siano notificati (ricordiamo che le violazioni di dati personali o data breach devono essere notificate dal controller, senza ritardo, alle autorità competenti ), nel rispetto della norma, all’autorità Garante. Il Garante per la protezione dei dati personali ha adottato una serie di provvedimenti che fissano per amministrazioni pubbliche e aziende l’obbligo di comunicazione nei casi in cui a seguito di attacchi informatici, accessi abusivi, incidenti o eventi avversi, come incendi o altre calamità si dovesse verificare la perdita, la distruzione o la diffusione indebita di dati personali conservati, trasmessi o comunque trattati. In riferimento agli incidenti informatici, la procedura di garanzia degli interessati (contraenti) coinvolti nella violazione dei dati personali (c.d. Data Breach Notification) non sarà più solo limitata ai soli fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche, ma avrà una portata estesa che potrà riguardare sia i diversi operatori dalla sanità che tutti gli operatori di internet e altri.
  • Monitorare l’efficacia, l’adeguatezza e l’applicazione del DPIA (Data protection impact assessment ovvero l’obbligo di effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati personali) nonché la sistematica autorizzazione e consultazione del titolare al trattamento verso il DPO prima di adottare una decisione che coinvolga il trattamento dati e la privacy;
  • Rispondere e cooperare con le richieste dell’autorità Garante per la Privacy;
  • Agire come punto di contatto per le questioni, sollevate dal Garante, correlate ai trattamenti svolti in azienda.

Tutti i ruoli del GDPR : i soggetti coinvolti

I soggetti coinvolti nel nuovo modello organizzativo sul trattamento dei dati – regolamento europeo privacy ue 2016/679 ( ex dps) sono :

  • Il Titolare del Trattamento, ora chiamato Data Controller o Responsabile del trattamento, dotato di un potere decisionale in ordine alle tecniche da adottare e alle misure organizzative, al fine di garantire la conformità al Regolamento delle operazioni di trattamento dei dati.
  • Il Responsabile esterno del Trattamento / Amministratore di Sistema, ora chiamato Joint Controller o Co-responsabile del trattamento (ad esempio ad un fornitore di servizi in Cloud )
  • Il responsabile ed incaricato del trattamento, ora chiamato Data Processor e Incaricato del Trattamento o più semplicemente Data Handler, sarà l’attuale responsabile e potrà procedere al trattamento dei dati solo su istruzione del responsabile.
  • Il responsabile della sicurezza dei dati, ora chiamato Data Protection Officer ( DPO )

dal dps al gdpr Regolamento Europeo Privacy Ue 2016/679

Nel nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati, si nota subito un cambio di definizioni, laddove la figura del Responsabile del trattamento come prevista dall’art. 29 del D.Lgs. n. 196/2003 avrà una nuova denominazione con nuovi compiti e funzioni (tra l’altro precisamente stabiliti nel testo europeo citato). Per essere più chiari possibile, la figura che, ad oggi, viene denominata come Titolare del trattamento, una volta entrato in vigore il citato Regolamento UE, assumerà il nome di Responsabile del trattamento. Si aggiunga che la figura dell’Incaricato del trattamento, così come prevista dall’art. 30 dell’attuale Codice privacy, scomparirà completamente
Altra novità sarà la possibilità (in questo caso concessa  al Data Subject o Soggetto Interessato) di esercitare i propri diritti nei confronti di ciascun Data Controller Congiunto del trattamento oppure al Joint Controller.
Un elemento cruciale differenzia un Data Protection Officer o DPO da un responsabile privacy ex art. 29, mentre il primo deve essere indipendente e autonomo, il secondo deve agire seguendo solo e soltanto le istruzioni del titolare del trattamento, pertanto, un vincolo che impedisce di godere di ampia indipendenza, tipica invece del nuovo ruolo del DPO.

L’intervento del nostro consulente per la messa a norma GDPR della vostra azienda

In ottemperanza al Nuovo Regolamento Europeo Privacy GDPR UE2016/679 la messa a norma di una azienda consiste nel seguire questi passaggi principali :

  • Sopralluogo preliminare per la raccolta delle informazioni;
  • Pianificazione degli interventi;
  • Individuazione delle figure preposte al trattamento dei dati con relativa assegnazione delle competenze e procedure;
  • Analisi dei Trattamenti mediante redazione e tenuta dei Registri Attività;
  • Verifiche degli Asset Aziendali e Analisi dei Rischi;
  • Gestione sulle Valutazioni di impatto DPIA;
  • Verifiche sul rispetto del Principio di Accountability, documentando le scelte di compliance Privacy anche in rapporto con altre discipline soprattutto in materia di Sicurezza;
  • Predisposizione di interventi formativi obbligatori per tutti gli operatori incaricati al trattamento
    dei dati ;
  • Redazione di tutta la documentazione comprovante l’adeguamento (dinamico), attraverso processi probatori in fase di accertamento e controllo;
  • Audit e predisposizione di interventi per le eventuali non conformità riscontrate;
  • Verifica di eventuali sistemi di videosorveglianza e assistenza per nuove attivazioni o upgrade;
  • Consulenza continua e costante in ottica problem solving;

Per richiedere la nostra consulenza :

Richiesta di Preventivo GDPR [ click qui ]

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GDPR E-PRIVACY AUDIT CHECKLIST

Abbiamo preparato una GDPR E-Privacy Audit Checklist per focalizzare i punti più importanti a cui possiamo rispondere grazie al nostro team di professionisti esperti in ambito privacy e legale

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Guida applicativa del Regolamento UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali

 

Sul sito del Garante della Privacy è stata pubblicata la prima Guida applicativa del Regolamento UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali per dare corretta applicazione alla normativa che è già in vigore dal 24 maggio 2016 e che sarà pienamente efficace dal 25 maggio 2018.

La Guida intende offrire un panorama delle principali problematiche che imprese e soggetti pubblici dovranno tenere presenti in vista della piena applicazione del regolamento, prevista il 25 maggio 2018.

Attraverso raccomandazioni specifiche vengono suggerite alcune azioni che possono essere intraprese sin d’ora perché fondate su disposizioni precise del regolamento che non lasciano spazi a interventi del legislatore nazionale (come invece avviene per altre norme del regolamento, in particolare quelle che disciplinano i trattamenti per finalità di interesse pubblico ovvero in ottemperanza a obblighi di legge).

Vengono, inoltre, segnalate alcune delle principali novità introdotte dal regolamento rispetto alle quali sono suggeriti possibili approcci in modo da arrivare all’appuntamento del 25 maggio 2018 con le idee più chiare.
FONTE : http://www.garanteprivacy.it/guida-all-applicazione-del-regolamento-europeo-in-materia-di-protezione-dei-dati-personali

 

 

FONDAMENTI DI LICEITA’ DEL TRATTAMENTO

Il regolamento conferma che ogni trattamento deve trovare fondamento in un’idonea base giuridica; i fondamenti di liceità del trattamento sono indicati all’art. 6 del regolamento e coincidono, in linea di massima, con quelli previsti attualmente dal Codice (consenso, adempimento obblighi contrattuali, interessi vitali della persona interessata o di terzi, obblighi di legge cui è soggetto il titolare, interesse pubblico o esercizio di pubblici poteri, interesse legittimo prevalente del titolare o di terzi cui i dati vengono comunicati).
In particolare:

CONSENSO
Cosa cambia?

– Per i dati “sensibili” (si veda art. 9 regolamento) il consenso DEVE essere “esplicito”; lo stesso dicasi per il consenso a decisioni basate su trattamenti automatizzati (compresa la profilazione – art. 22).

– NON deve essere necessariamente “documentato per iscritto”, né è richiesta la “forma scritta”, anche se questa è modalità idonea a configurare l’inequivocabilità del consenso e il suo essere “esplicito” (per i dati sensibili); inoltre, il titolare (art. 7.1) DEVE essere in grado di dimostrare che l’interessato ha prestato il consenso a uno specifico trattamento.

– Il consenso dei minori è valido a partire dai 16 anni; prima di tale età occorre raccogliere il consenso dei genitori o di chi ne fa le veci.

Cosa non cambia?

– DEVE essere, in tutti i casi, libero, specifico, informato e inequivocabile e NON è ammesso il consenso tacito o presunto (no a caselle pre-spuntate su un modulo).

– DEVE essere manifestato attraverso “dichiarazione o azione positiva inequivocabile” (per approfondimenti, si vedano considerando 39 e 42 del regolamento).

RACCOMANDAZIONI

Il consenso raccolto precedentemente al 25 maggio 2018 resta valido se ha tutte le caratteristiche sopra individuate. In caso contrario, è opportuno adoperarsi prima di tale data per raccogliere nuovamente il consenso degli interessati secondo quanto prescrive il regolamento, se si vuole continuare a fare ricorso a tale base giuridica.

In particolare, occorre verificare che la richiesta di consenso sia chiaramente distinguibile da altre richieste o dichiarazioni rivolte all’interessato (art. 7.2), per esempio all’interno di modulistica. Prestare attenzione alla formula utilizzata per chiedere il consenso: deve essere comprensibile, semplice, chiara (art. 7.2). I soggetti pubblici non devono, di regola, chiedere il consenso per il trattamento dei dati personali (si vedano considerando 43, art. 9, altre disposizioni del Codice: artt. 18, 20). 

INTERESSE VITALE DI UN TERZO
Cosa cambia?

Si può invocare tale base giuridica solo se nessuna delle altre condizioni di liceità può trovare applicazione (si veda considerando 46)

INTERESSE LEGITTIMO PREVALENTE DI UN TITOLARE O DI UN TERZO

Cosa cambia?      

Il bilanciamento fra legittimo interesse del titolare o del terzo e diritti e libertà dell’interessato NON SPETTA all’Autorità ma è compito dello stesso titolare; si tratta di una delle principali espressioni del principio di «responsabilizzazione» introdotto dal nuovo pacchetto protezione dati.

Cosa non cambia?              

L’interesse legittimo del titolare o del terzo deve prevalere sui diritti e le libertà fondamentali dell’interessato per costituire un valido fondamento di liceità.

Il regolamento chiarisce espressamente che l’interesse legittimo del titolare non costituisce idonea base giuridica per i trattamenti svolti dalle autorità pubbliche in esecuzione dei rispettivi compiti.

RACCOMANDAZIONI

Il Regolamento offre alcuni criteri per il bilanciamento in questione (si veda considerando 47) e soprattutto appare utile fare riferimento al documento pubblicato dal Gruppo “Articolo 29” sul punto (WP217).

Si confermano, inoltre, nella sostanza, i requisiti indicati dall’Autorità nei propri provvedimenti in materia di bilanciamento di interessi [si veda, per esempio, http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3556992 con riguardo ad alcune tipologie di trattamento di dati biometrici; http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1712680 con riguardo all’utilizzo della videosorveglianza; http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/6068256 in merito all’utilizzo di sistemi di rilevazione informatica anti-frode; ecc.] con particolare riferimento agli esiti delle verifiche preliminari condotte dall’Autorità, con eccezione ovviamente delle disposizioni che il Regolamento ha espressamente abrogato (per es.: obbligo di notifica dei trattamenti).I titolari dovrebbero condurre la propria valutazione alla luce di tutti questi principi.

 

INFORMATIVA

Cosa cambia?                     
Contenuti dell’informativa

I contenuti dell’informativa sono elencati in modo tassativo negli articoli 13, paragrafo 1, e 14, paragrafo 1, del regolamento e in parte sono più ampi rispetto al Codice. In particolare, il titolare DEVE SEMPRE specificare i dati di contatto del RPD-DPO, ove esistente, la base giuridica del trattamento, qual è il suo interesse legittimo se quest’ultimo costituisce la base giuridica del trattamento, nonché se trasferisce i dati personali in Paesi terzi e, in caso affermativo, attraverso quali strumenti (esempio: si tratta di un Paese terzo giudicato adeguato dalla Commissione europea; si utilizzano BCR di gruppo; sono state inserite specifiche clausole contrattuali modello, ecc.). Il regolamento prevede anche ulteriori informazioni in quanto “necessarie per garantire un trattamento corretto e trasparente”: in particolare, il titolare deve specificare il periodo di conservazione dei dati o i criteri seguiti per stabilire tale periodo di conservazione, e il diritto di presentare un reclamo all’autorità di controllo. Se il trattamento comporta processi decisionali automatizzati (anche la profilazione), l’informativa deve specificarlo e deve indicare anche la logica di tali processi decisionali e le conseguenze previste per l’interessato.

Tempi dell’informativa

Nel caso di dati personali non raccolti direttamente presso l’interessato (art. 14 del regolamento), l’informativa deve essere fornita entro un termine ragionevole che non può superare 1 mese dalla raccolta, oppure al momento della comunicazione (NON della registrazione) dei dati (a terzi o all’interessato) (diversamente da quanto prevede attualmente l’art. 13, comma 4, del Codice).

Modalità dell’informativa

Il regolamento specifica molto più in dettaglio rispetto al Codice le caratteristiche dell’informativa, che deve avere forma concisa, trasparente, intelligibile per l’interessato e facilmente accessibile; occorre utilizzare un linguaggio chiaro e semplice, e per i minori occorre prevedere informative idonee (si veda anche considerando 58). L’informativa è data, in linea di principio, per iscritto e preferibilmente in formato elettronico (soprattutto nel contesto di servizi online: si vedano art. 12, paragrafo 1, e considerando 58), anche se sono ammessi “altri mezzi”, quindi può essere fornita anche oralmente, ma nel rispetto delle caratteristiche di cui sopra (art. 12, paragrafo 1). Il regolamento ammette, soprattutto, l’utilizzo di icone per presentare i contenuti dell’informativa in forma sintetica, ma solo “in combinazione” con l’informativa estesa (art. 12,  paragrafo  7); queste icone dovranno essere identiche in tutta l’Ue e saranno definite prossimamente dalla Commissione europea. Sono inoltre parzialmente diversi i requisiti che il regolamento fissa per l’esonero dall’informativa (si veda art. 13, paragrafo 4 e art. 14, paragrafo 5 del regolamento, oltre a quanto previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, di quest’ultimo), anche se occorre sottolineare che spetta al titolare, in caso di dati personali raccolti da fonti diverse dall’interessato, valutare se la prestazione dell’informativa agli interessati comporti uno sforzo sproporzionato (si veda art. 14, paragrafo 5, lettera b) ) – a differenza di quanto prevede l’art. 13, comma 5, lettera c) del Codice.

Cosa non cambia?                             

L’informativa (disciplinata nello specifico dagli artt. 13 e 14 del regolamento) deve essere fornita all’interessato prima di effettuare la raccolta dei dati (se raccolti direttamente presso l’interessato – art. 13 del regolamento). Se i dati non sono raccolti direttamente presso l’interessato (art. 14 del regolamento), l’informativa deve comprendere anche le categorie dei dati personali oggetto di trattamento. In tutti i casi, il titolare deve specificare la propria identità e quella dell’eventuale rappresentante nel territorio italiano, le finalità del trattamento, i diritti degli interessati (compreso il diritto alla portabilità dei dati), se esiste un responsabile del trattamento e la sua identità, e quali sono i destinatari dei dati.

NOTA: ogni volta che le finalità cambiano il regolamento impone di informarne l’interessato prima di procedere al trattamento ulteriore.

RACCOMANDAZIONI
E’ opportuno che i titolari di trattamento verifichino la rispondenza delle informative attualmente utilizzate a tutti i criteri sopra delineati, con particolare riguardo ai contenuti obbligatori e alle modalità di redazione, in modo da apportare le modifiche o le integrazioni eventualmente necessarie prima del 25 maggio 2018.

Il regolamento supporta chiaramente il concetto di informativa “stratificata”, più volte esplicitato dal Garante nei suoi provvedimenti [si veda http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1712680 relativo all’utilizzo di un’icona specifica per i sistemi di videosorveglianza con o senza operatore; http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1246675 contenente prescrizioni analoghe rispetto all’utilizzo associato di sistemi biometrici e di videosorveglianza in istituti bancari], in particolare attraverso l’impiego di icone associate (in vario modo) a contenuti più estesi, che devono essere facilmente accessibili, e promuove l’utilizzo di strumenti elettronici per garantire la massima diffusione e semplificare la prestazione delle informative.

I titolari potranno, dunque, una volta adeguata l’informativa nei termini sopra indicati, continuare o iniziare a utilizzare queste modalità per la prestazione dell’ informativa, comprese le icone che l’Autorità ha in questi anni suggerito nei suoi provvedimenti (videosorveglianza, banche, ecc.) – in attesa della definizione di icone standardizzate da parte della Commissione.
Dovranno essere adottate anche le misure organizzative interne idonee a garantire il rispetto della tempistica: il termine di 1 mese per l’informativa all’interessato è chiaramente un termine massimo, e occorre ricordare che l’art. 14, paragrafo 3, lettera a), del regolamento menziona in primo luogo che il termine deve essere “ragionevole”.

Poiché spetterà al titolare valutare lo sforzo sproporzionato richiesto dall’informare una pluralità di interessati, qualora i dati non siano stati raccolti presso questi ultimi, e salva l’esistenza di specifiche disposizioni normative nei termini di cui all’art. 23, paragrafo 1, del regolamento, sarà utile fare riferimento ai criteri evidenziati nei provvedimenti con cui il Garante ha riconosciuto negli anni l’esistenza di tale sproporzione (si veda, in particolare, il provvedimento del 26 novembre 1998 –  http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/39624; più di recente, fra molti, http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3864423 in tema di esonero dagli obblighi di informativa).

 

DIRITTI DEGLI INTERESSATI

Modalità per l’esercizio dei diritti
Le modalità per l’esercizio di tutti i diritti da parte degli interessati sono stabilite, in via generale, negli artt. 11 e 12 del regolamento
Cosa cambia?      

Il termine per la risposta all’interessato è, per tutti i diritti (compreso il diritto di accesso), 1 mese, estendibili fino a 3 mesi in casi di particolare complessità; il titolare deve comunque dare un riscontro all’interessato entro 1 mese dalla richiesta, anche in caso di diniego.

Spetta al titolare valutare la complessità del riscontro all’interessato e stabilire l’ammontare dell’eventuale contributo da chiedere all’interessato, ma soltanto se si tratta di richieste manifestamente infondate o eccessive (anche ripetitive) (art. 12.5), a differenza di quanto prevedono gli art. 9, comma 5, e 10, commi 7 e 8, del Codice, ovvero se sono chieste più “copie” dei dati personali nel caso del diritto di accesso (art. 15, paragrafo 3); in quest’ultimo caso il titolare deve tenere conto dei costi amministrativi sostenuti. Il riscontro all’interessato di regola deve avvenire in forma scritta anche attraverso strumenti elettronici che ne favoriscano l’accessibilità; può essere dato oralmente solo se così richiede l’interessato stesso (art. 12, paragrafo 1; si veda anche art. 15, paragrafo 3).

La risposta fornita all’interessato non deve essere solo “intelligibile”, ma anche concisa, trasparente e facilmente accessibile, oltre a utilizzare un linguaggio semplice e chiaro.

Cosa non cambia?              

Il titolare del trattamento deve agevolare l’esercizio dei diritti da parte dell’interessato, adottando ogni misura (tecnica e organizzativa) a ciò idonea. Benché sia il solo titolare a dover dare riscontro in caso di esercizio dei diritti (artt. 15-22), il responsabile è tenuto a collaborare con il titolare ai fini dell’esercizio dei diritti degli interessati (art. 28, paragrafo 3, lettera e) ).

L’esercizio dei diritti è, in linea di principio, gratuito per l’interessato, ma possono esservi eccezioni (si veda il paragrafo “Cosa cambia”). Il titolare ha il diritto di chiedere informazioni necessarie a identificare l’interessato, e quest’ultimo ha il dovere di fornirle, secondo modalità idonee (si vedano, in particolare, art. 11, paragrafo 2 e art. 12, paragrafo 6).

Sono ammesse deroghe ai diritti riconosciuti dal regolamento, ma solo sul fondamento di disposizioni normative nazionali, ai sensi dell’articolo 23 nonché di altri articoli relativi ad ambiti specifici (si vedano, in particolare, art. 17, paragrafo 3, per quanto riguarda il diritto alla cancellazione/”oblio”, art. 83 – trattamenti di natura giornalistica e art. 89 – trattamenti per finalità di ricerca scientifica o storica o di statistica).
In questo senso, in via generale, possono continuare a essere applicate tutte le deroghe previste dall’art. 8, comma 2, del Codice in quanto compatibili con le disposizioni citate. Al riguardo, il Garante sta valutando la piena rispondenza delle disposizioni citate in tale articolo del Codice con i requisiti fissati per la legislazione nazionale dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento.

RACCOMANDAZIONI
E’ opportuno che i titolari di trattamento adottino le misure tecniche e organizzative eventualmente necessarie per favorire l’esercizio dei diritti e il riscontro alle richieste presentate dagli interessati, che – a differenza di quanto attualmente previsto – dovrà avere per impostazione predefinita forma scritta (anche elettronica). Potranno risultare utili le indicazioni fornite dal Garante nel corso degli anni con riguardo all’intelligibilità del riscontro fornito agli interessati e alla completezza del riscontro stesso [si vedano varie decisioni relative a ricorsi contenute nel Bollettino dell’Autorità pubblicato qui: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/766652, e più recentemente, fra molti, http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1449401 in materia di dati sanitari, ovvero http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1290018 in materia di dati telematici].

Quanto alla definizione eventuale di un contributo spese da parte degli interessati, che il regolamento rimette al titolare del trattamento, l’Autorità intende valutare l’opportunità di definire linee-guida specifiche (anche sul fondamento delle determinazioni assunte sul punto nel corso degli anni: si veda in particolare la Deliberazione n. 14 del 23 dicembre 2004 – http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1104892, di concerto con le altre autorità Ue, alla luce di quanto prevede l’Art. 70 del regolamento con riguardo ai compiti del Board.

Diritto di accesso
(art. 15)
Cosa cambia?      

Il diritto di accesso prevede in ogni caso il diritto di ricevere una copia dei dati personali oggetto di trattamento.

Fra le informazioni che il titolare deve fornire non rientrano le “modalità” del trattamento, mentre occorre indicare il periodo di conservazione previsto o, se non è possibile, i criteri utilizzati per definire tale periodo, nonché le garanzie applicate in caso di trasferimento dei dati verso Paesi terzi.

RACCOMANDAZIONI
Oltre al rispetto delle prescrizioni relative alla modalità di esercizio di questo e degli altri diritti (si veda “Modalità per l’esercizio dei diritti”),  i titolari possono consentire agli interessati di consultare direttamente, da remoto e in modo sicuro, i propri dati personali (si veda considerando 68).

Diritto di cancellazione (diritto all’oblio) (art.17)
Cosa cambia?      

Il diritto cosiddetto “all’oblio” si configura come un diritto alla cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l’obbligo per  i titolari (se hanno “reso pubblici” i dati personali dell’interessato: ad esempio, pubblicandoli su un sito web) di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione” (si veda art. 17, paragrafo 2).

Ha un campo di applicazione più esteso di quello di cui all’art. 7, comma 3, lettera b), del Codice, poiché  l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati, per esempio, anche dopo revoca del consenso al trattamento (si veda art. 17, paragrafo 1).

Diritto di limitazione
del trattamento (art. 18)
Cosa cambia?      

Si tratta di un diritto diverso e più esteso rispetto al “blocco” del trattamento di cui all’art. 7, comma 3, lettera a), del Codice: in particolare, è esercitabile non solo in caso di violazione dei presupposti di liceità del trattamento (quale alternativa alla cancellazione dei dati stessi), bensì  anche se l’interessato chiede la rettifica dei dati (in attesa di tale rettifica da parte del titolare) o si oppone al loro trattamento ai sensi dell’art. 21 del regolamento (in attesa della valutazione da parte del titolare).

Esclusa la conservazione, ogni altro trattamento del dato di cui si chiede la limitazione è vietato  a meno che ricorrano determinate circostanze (consenso dell’interessato, accertamento diritti in sede giudiziaria, tutela diritti di altra persona fisica o giuridica, interesse pubblico rilevante).

RACCOMANDAZIONI
Il diritto alla limitazione prevede che il dato personale sia “contrassegnato” in attesa di determinazioni ulteriori; pertanto, è opportuno che i titolari prevedano nei propri sistemi informativi (elettronici o meno) misure idonee a tale scopo.

Diritto alla portabilità dei dati (art. 20)
Cosa cambia?      

Si tratta di uno dei nuovi diritti previsti dal regolamento, anche se non è del tutto sconosciuto ai consumatori (si pensi alla portabilità del numero telefonico).

Non si applica ai trattamenti non automatizzati (quindi non si applica agli archivi o registri cartacei) e sono previste specifiche condizioni per il suo esercizio; in particolare, sono portabili solo i dati trattati con il consenso dell’interessato o sulla base di un contratto stipulato con l’interessato (quindi non si applica ai dati il cui trattamento si fonda sull’interesse pubblico o sull’interesse legittimo del titolare, per esempio), e solo i dati che siano stati “forniti” dall’interessato al titolare (si veda il considerando 68 per maggiori dettagli).

Inoltre, il titolare deve essere in grado di trasferire direttamente i dati portabili a un altro titolare indicato dall’interessato, se tecnicamente possibile.

RACCOMANDAZIONI
Il Gruppo “Articolo 29” ha pubblicato recentemente linee-guida specifiche dove sono illustrati e spiegati i requisiti e le caratteristiche del diritto alla portabilità con particolare riguardo ai diritti di terzi interessati i cui dati siano potenzialmente compresi fra quelli “relativi all’interessato” di cui quest’ultimo chiede la portabilità (http://ec.europa.eu/newsroom/document.cfm?doc_id=44099 con le relative FAQ http://ec.europa.eu/information_society/newsroom/image/document/2016-51/wp242_annex_en_40854.pdf; versione italiana per adesso disponibile sul sito del Garante: http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=6058842 con le relative FAQ http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/6058857).

Al riguardo, si ricordano i numerosi provvedimenti con cui l’Autorità ha indicato criteri per il bilanciamento fra i diritti e le libertà fondamentali di terzi e quelli degli interessati esercitanti i diritti di cui all’art. 7 del Codice (si vedano, fra molti, http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3251012 e, con riguardo all’attività bancaria in generale, http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1457247).
Poiché la trasmissione dei dati da un titolare all’altro prevede che si utilizzino formati interoperabili, i titolari che ricadono nel campo di applicazione di questo diritto dovrebbero adottare sin da ora le misure necessarie a produrre i dati richiesti in un formato interoperabile secondo le indicazioni fornite nel considerando 68 e nelle linee-guida del Gruppo “Articolo 29”.

 

TITOLARE, RESPONSABILE, INCARICATO DEL TRATTAMENTO

Cosa cambia?                     

Il regolamento:

– disciplina la contitolarità del trattamento (art. 26) e impone ai titolari di definire specificamente (con un atto giuridicamente valido ai sensi del diritto nazionale) il rispettivo ambito di responsabilità e i compiti con particolare riguardo all’esercizio dei diritti degli interessati, che hanno comunque la possibilità di rivolgersi indifferentemente a uno qualsiasi dei titolari operanti congiuntamente;

– fissa più dettagliatamente (rispetto all’art. 29 del Codice) le caratteristiche dell’atto con cui il titolare designa un responsabile del trattamento attribuendogli specifici compiti: deve trattarsi, infatti, di un contratto (o altro atto giuridico conforme al diritto nazionale) e deve disciplinare tassativamente almeno le materie riportate al paragrafo 3 dell’art. 28 al fine di dimostrare che il responsabile fornisce “garanzie sufficienti” – quali, in particolare, la natura, durata e finalità del trattamento o dei trattamenti assegnati, le categorie di dati oggetto di trattamento, le misure tecniche e organizzative adeguate a consentire il rispetto delle istruzioni impartite dal titolare e, in via generale, delle disposizioni contenute nel regolamento;

– consente la nomina di sub-responsabili del trattamento da parte di un responsabile (si veda art. 28, paragrafo 4), per specifiche attività di trattamento, nel rispetto degli stessi obblighi contrattuali che legano titolare e responsabile primario; quest’ultimo risponde dinanzi al titolare dell’inadempimento dell’eventuale sub-responsabile, anche ai fini del risarcimento di eventuali danni causati dal trattamento, salvo dimostri che l’evento dannoso “non gli è in alcun modo imputabile” (si veda art. 82, paragrafo 1 e paragrafo 3);

– prevede obblighi specifici in capo ai responsabili del trattamento, in quanto distinti da quelli pertinenti ai rispettivi titolari. Ciò riguarda, in particolare,  la tenuta del registro dei trattamenti svolti (ex art. 30, paragrafo 2); l’adozione di idonee misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza dei trattamenti (ex art. 32 regolamento); la designazione di un RPD-DPO, nei casi previsti dal regolamento o dal diritto nazionale (si veda art. 37 del regolamento). Si ricorda, inoltre, che anche il responsabile non stabilito nell’Ue dovrà designare un rappresentante in Italia quando ricorrono le condizioni di cui all’art. 27, paragrafo 3, del regolamento – diversamente da quanto prevede oggi l’art. 5, comma 2, del Codice.

Cosa non cambia?                             

Il regolamento definisce caratteristiche soggettive e responsabilità di titolare e responsabile del trattamento negli stessi termini di cui alla direttiva 95/46/CE (e, quindi, al Codice italiano). Pur non prevedendo espressamente la figura dell’ “incaricato” del trattamento (ex art. 30 Codice), il regolamento non ne esclude la presenza in quanto fa riferimento a “persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile” (si veda, in particolare, art. 4, n. 10, del regolamento).

RACCOMANDAZIONI
I titolari di trattamento dovrebbero valutare attentamente l’esistenza di eventuali situazioni di contitolarità (si vedano, in proposito, le indicazioni fornite dal Garante in vari provvedimenti, fra cui http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/39785), essendo obbligati in tal caso a stipulare l’accordo interno di cui parla l’art. 26, paragrafo 1, del regolamento. Sarà necessario, in particolare, individuare il “punto di contatto per gli interessati” previsto dal suddetto articolo ai fini dell’esercizio dei diritti previsti dal regolamento.

I titolari di trattamento dovrebbero verificare che i contratti o altri atti giuridici che attualmente disciplinano i rapporti con i rispettivi responsabili siano conformi a quanto previsto, in particolare, dall’art. 28, paragrafo 3, del regolamento. Dovranno essere apportate le necessarie integrazioni o modifiche entro il 25 maggio 2018, in particolare qualora si intendano designare sub-responsabili nei termini sopra descritti. La Commissione e le autorità nazionali di controllo (fra cui il Garante) stanno valutando la definizione di clausole contrattuali modello da utilizzare a questo scopo.

Attraverso l’adesione a codici deontologici ovvero l’adesione a schemi di certificazione il responsabile può dimostrare le “garanzie sufficienti” di cui all’art. 28, paragrafi 1 e 4. Il Garante sta valutando i codici deontologici attualmente vigenti per alcune tipologie di trattamento nell’ottica dei requisiti fissati nel regolamento (art. 40), mentre per quanto concerne gli schemi di certificazione occorrerà attendere anche l’intervento del legislatore nazionale che dovrà stabilire alcune modalità di accreditamento dei soggetti certificatori (se diversi dal Garante: si veda art. 43). In ogni caso, il Gruppo “Articolo 29” sta lavorando sui temi e sarà opportuno tenere conto degli sviluppi che interverranno in materia nei prossimi mesi.

Le disposizioni del Codice in materia di incaricati del trattamento sono pienamente compatibili con la struttura e la filosofia del regolamento, in particolare alla luce del principio di “responsabilizzazione” di titolari e responsabili del trattamento che prevede l’adozione di misure atte a garantire proattivamente l’osservanza del regolamento nella sua interezza. In questo senso, e anche alla luce degli artt. 28, paragrafo 3, lettera b), 29, e 32, paragrafo 4, in tema di misure tecniche e organizzative di sicurezza, si ritiene opportuno che titolari e responsabili del trattamento mantengano in essere la struttura organizzativa e le modalità di designazione degli incaricati di trattamento così come delineatesi negli anni anche attraverso gli interventi del Garante (si veda art. 30 del Codice e, fra molti, http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1507921, ovvero http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1508059 per quanto riguarda la pubblica amministrazione, ovvero http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1813953  in materia di tracciamento delle attività bancarie) in quanto misure atte a garantire e dimostrare “che il trattamento è effettuato conformemente” al regolamento (si veda art. 24, paragrafo 1, del regolamento).

 

 

 

APPROCCIO BASATO SUL RISCHIO E MISURE DI ACCOUNTABILITY (RESPONSABILIZZAZIONE) DI TITOLARI E RESPONSABILI

Cosa cambia?                     

Il regolamento pone con forza l’accento sulla  “responsabilizzazione” (accountability nell’accezione inglese) di titolari e responsabili – ossia, sull’adozione di comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del regolamento (si vedano artt. 23-25, in particolare, e l’intero Capo IV del regolamento). Si tratta di una grande novità per la protezione dei dati in quanto viene affidato ai titolari il compito di decidere autonomamente le modalità, le garanzie e i limiti del trattamento dei dati personali – nel rispetto delle disposizioni normative e alla luce di alcuni criteri specifici indicati nel regolamento.

Il primo fra tali criteri è sintetizzato dall’espressione inglese “data protection by default and by design” (si veda art. 25), ossia dalla necessità di configurare il trattamento prevedendo fin dall’inizio le garanzie indispensabili “al fine di soddisfare i requisiti” del regolamento e tutelare i diritti degli interessati – tenendo conto del contesto complessivo ove il trattamento si colloca e dei rischi per i diritti e le libertà degli interessati. Tutto questo deve avvenire a monte, prima di procedere al trattamento dei dati vero e proprio (“sia al momento di determinare i mezzi del trattamento sia all’atto del trattamento stesso”, secondo quanto afferma l’art. 25(1) del regolamento) e richiede, pertanto, un’analisi preventiva e un impegno applicativo da parte dei titolari che devono sostanziarsi in una serie di attività specifiche e dimostrabili.

Fondamentali fra tali attività sono quelle connesse al secondo criterio individuato nel regolamento rispetto alla gestione degli obblighi dei titolari, ossia il rischio inerente al trattamento. Quest’ultimo è da intendersi come rischio di impatti negativi sulle libertà e i diritti degli interessati (si vedano considerando 75-77); tali impatti dovranno essere analizzati attraverso un apposito processo di valutazione (si vedano artt. 35-36) tenendo conto dei rischi noti o evidenziabili e delle misure tecniche e organizzative (anche di sicurezza) che il titolare ritiene di dover adottare per mitigare tali rischi. All’esito di questa valutazione di impatto il titolare potrà decidere in autonomia se iniziare il trattamento (avendo adottato le misure idonee a mitigare sufficientemente il rischio) ovvero consultare l’autorità di controllo competente per ottenere indicazioni su come gestire il rischio residuale; l’autorità non avrà il compito di “autorizzare” il trattamento, bensì di indicare le misure ulteriori eventualmente da implementare a cura del titolare e potrà, ove necessario, adottare tutte le misure correttive ai sensi dell’art. 58: dall’ammonimento del titolare fino alla limitazione o al divieto di procedere al trattamento.

Dunque, l’intervento delle autorità di controllo sarà principalmente “ex post”, ossia si collocherà successivamente alle determinazioni assunte autonomamente dal titolare; ciò spiega l’abolizione a partire dal 25 maggio 2018 di alcuni istituti previsti dalla direttiva del 1995 e dal Codice italiano, come la notifica preventiva dei trattamenti all’autorità di controllo e il cosiddetto prior checking (o verifica preliminare: si veda art. 17 Codice), sostituiti da obblighi di tenuta di un registro dei trattamenti da parte del titolare/responsabile e, appunto, di effettuazione di valutazioni di impatto in piena autonomia. Peraltro, alle autorità di controllo, e in particolare al “Comitato europeo della protezione dei dati” (l’erede dell’attuale Gruppo “Articolo 29”) spetterà un ruolo fondamentale al fine di garantire uniformità di approccio e fornire ausili interpretativi e analitici: il Comitato è chiamato, infatti, a produrre linee-guida e altri documenti di indirizzo su queste e altre tematiche connesse, anche per garantire quegli adattamenti che si renderanno necessari alla luce dello sviluppo delle tecnologie e dei sistemi di trattamento dati. Si segnalano, al riguardo, le linee-guida in materia di valutazione di impatto sulla protezione dei dati recentemente pubblicate dal Gruppo “Articolo 29”, disponibili qui: http://ec.europa.eu/newsroom/document.cfm?doc_id=44137.

Nei paragrafi seguenti si richiamano alcune delle principali novità in termini di adempimenti da parte di titolari e responsabili del trattamento.

Registro dei trattamenti
Tutti i titolari e i responsabili di trattamento, eccettuati gli organismi con meno di 250 dipendenti ma solo se non effettuano trattamenti a rischio (si veda art. 30, paragrafo 5), devono tenere un registro delle operazioni di trattamento i cui contenuti sono indicati all’art. 30. Si tratta di uno strumento fondamentale non soltanto ai fini dell’eventuale supervisione da parte del Garante, ma anche allo scopo di disporre di un quadro aggiornato dei trattamenti in essere all’interno di un’azienda o di un soggetto pubblico – indispensabile per ogni valutazione e analisi del rischio. Il registro deve avere forma scritta, anche elettronica, e deve essere esibito su richiesta al Garante.

RACCOMANDAZIONI
La tenuta del registro dei trattamenti non costituisce un adempimento formale bensì parte integrante di un sistema di corretta gestione dei dati personali. Per tale motivo, si invitano tutti i titolari di trattamento e i responsabili, a prescindere dalle dimensioni dell’organizzazione, a compiere i passi necessari per dotarsi di tale registro e, in ogni caso, a compiere un’accurata ricognizione dei trattamenti svolti e delle rispettive caratteristiche – ove già non condotta. I contenuti del registro sono fissati, come detto, nell’art. 30; tuttavia, niente vieta a un titolare o responsabile di inserire ulteriori informazioni se lo si riterrà opportuno proprio nell’ottica della complessiva valutazione di impatto dei trattamenti svolti. Nello specifico, si richiama l’attenzione sulla sostanziale coincidenza fra i contenuti della notifica dei trattamenti di cui all’art. 38 del Codice e quelli che devono costituire il registro dei trattamenti ex art. 30 regolamento; l’Autorità sta valutando di mettere a disposizione un modello di registro dei trattamenti sul proprio sito, che i singoli titolari potranno integrare nei modi opportuni.

Misure di sicurezza
Le misure di sicurezza devono “garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio” del trattamento (art. 32, paragrafo 1); in questo senso, la lista di cui al paragrafo 1 dell’art. 32 è una lista aperta e non esaustiva (“tra le altre, se del caso”). Per lo stesso motivo, non potranno sussistere dopo il 25 maggio 2018 obblighi generalizzati di adozione di misure “minime” di sicurezza (ex art. 33 Codice) poiché tale valutazione sarà rimessa, caso per caso, al titolare e al responsabile in rapporto ai rischi specificamente individuati come da art. 32 del regolamento. Si richiama l’attenzione anche sulla possibilità di utilizzare l’adesione a specifici codici di condotta o a schemi di certificazione per attestare l’adeguatezza delle misure di sicurezza adottate. Tuttavia, facendo anche riferimento alle prescrizioni contenute, in particolare, nell’Allegato “B” al Codice, l’Autorità potrà valutare la definizione di linee-guida o buone prassi sulla base dei risultati positivi conseguiti in questi anni; inoltre, per alcune tipologie di trattamenti (quelli di cui all’art. 6, paragrafo 1), lettere c) ed e) del regolamento) potranno restare in vigore (in base all’art. 6, paragrafo 2, del regolamento) le misure di sicurezza attualmente previste attraverso le disposizioni di legge volta per volta applicabili: è il caso, in particolare, dei trattamenti di dati sensibili svolti dai soggetti pubblici per finalità di rilevante interesse pubblico nel rispetto degli specifici regolamenti attuativi (ex artt. 20 e 22 Codice), ove questi ultimi contengano disposizioni in materia di sicurezza dei trattamenti.

Notifica delle violazioni di dati personali
A partire dal 25 maggio 2018, tutti i titolari – e non soltanto i fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, come avviene oggi – dovranno notificare all’autorità di controllo le violazioni di dati personali di cui vengano a conoscenza, entro 72 ore e comunque “senza ingiustificato ritardo”, ma soltanto se ritengono probabile che da tale violazione derivino rischi per i diritti e le libertà degli interessati (si veda considerando 85). Pertanto, la notifica all’autorità dell’avvenuta violazione non è obbligatoria, essendo subordinata alla valutazione del rischio per gli interessati che spetta, ancora una volta, al titolare. Se la probabilità di tale rischio è elevata, si dovrà informare delle violazione anche gli interessati, sempre “senza ingiustificato ritardo”; fanno eccezione le circostanze indicate al paragrafo 3 dell’art. 34, che coincidono solo in parte con  quelle attualmente menzionate nell’art. 32-bis del Codice. I contenuti della notifica all’autorità e della comunicazione agli interessati sono indicati, in via non esclusiva, agli artt. 33 e 34 del regolamento. Su questo e su tutta la disciplina in materia, il Comitato europeo della protezione dati (si veda art. 70, paragrafo 1, lettere g) e h) ) è chiamato a formulare linee-guida specifiche, alle quali sta già lavorando il Gruppo “Articolo 29”. Si ricorda, inoltre, che l’Autorità ha messo a disposizione un modello per la notifica dei trattamenti da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico (si veda http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1915835) che intende rielaborare al fine di renderlo utilizzabile da tutti i titolari di trattamento secondo quanto prevede il regolamento.
RACCOMANDAZIONI
Tutti i titolari di trattamento dovranno in ogni caso documentare le violazioni di dati personali subite, anche se non notificate all’autorità di controllo e non comunicate agli interessati, nonché le relative circostanze e conseguenze e i provvedimenti adottati (si veda art. 33, paragrafo 5); tale obbligo non è diverso, nella sostanza, da quello attualmente previsto dall’art. 32-bis, comma 7, del Codice. Si raccomanda, pertanto, ai titolari di trattamento di adottare le misure necessarie a documentare eventuali violazioni, essendo peraltro tenuti a fornire tale documentazione, su richiesta, al Garante in caso di accertamenti.

Responsabile della protezione dei dati
Anche la designazione di un “responsabile della protezione dati” (RPD, ovvero DPO se si utilizza l’acronimo inglese: Data Protection Officer) riflette l’approccio responsabilizzante che è proprio del regolamento (si veda art. 39), essendo finalizzata a facilitare l’attuazione del regolamento da parte del titolare/del responsabile. Non è un caso, infatti, che fra i compiti del RPD rientrino “la sensibilizzazione e la formazione del personale” e la sorveglianza sullo svolgimento della valutazione di impatto di cui all’art. 35. La sua designazione è obbligatoria in alcuni casi (si veda art. 37), e il regolamento tratteggia le caratteristiche soggettive e oggettive di questa figura (indipendenza, autorevolezza, competenze manageriali: si vedano artt. 38 e 39) in termini che il WP29 ha ritenuto opportuno chiarire attraverso alcune linee-guida di recente pubblicazione, disponibili anche sul sito del Garante, e alle quali si rinvia per maggiori delucidazioni unitamente alle relative FAQ (si veda: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/5930287).

 

TRASFERIMENTI DI DATI VERSO PAESI TERZI E ORGANISMI INTERNAZIONALI

Cosa cambia?                     

In primo luogo, viene meno il requisito dell’autorizzazione nazionale (si vedano art. 45, paragrafo 1, e art. 46, paragrafo 2). Ciò significa che il trasferimento verso un Paese terzo “adeguato” ai sensi della decisione assunta in futuro dalla Commissione, ovvero sulla base di clausole contrattuali modello, debitamente adottate, o di norme vincolanti d’impresa approvate attraverso la specifica procedura di cui all’art. 47 del regolamento, potrà avere inizio senza attendere l’autorizzazione nazionale del Garante –  a differenza di quanto attualmente previsto dall’art. 44 del Codice. Tuttavia, l’autorizzazione del Garante sarà ancora necessaria se un titolare desidera utilizzare clausole contrattuali ad-hoc (cioè non riconosciute come adeguate tramite decisione della Commissione europea) oppure accordi amministrativi stipulati tra autorità pubbliche – una delle novità introdotte dal regolamento.

Il regolamento consente di ricorrere anche a codici di condotta ovvero a schemi di certificazione per dimostrare le “garanzie adeguate” previste dall’art. 46. Ciò significa che i titolari o i responsabili del trattamento stabiliti in un Paese terzo potranno far valere gli impegni sottoscritti attraverso l’adesione al codice di condotta o allo schema di certificazione, ove questi disciplinino anche o esclusivamente i trasferimenti di dati verso Paesi terzi, al fine di legittimare tali trasferimenti. Tuttavia (si vedano art. 40, paragrafo 3, e art. 42, paragrafo 2), tali titolari dovranno assumere, inoltre, un impegno vincolante mediante uno specifico strumento contrattuale o un altro strumento che sia giuridicamente vincolante e azionabile dagli interessati.

Il regolamento vieta trasferimenti di dati verso titolari o responsabili in un Paese terzo sulla base di decisioni giudiziarie o ordinanze amministrative emesse da autorità di tale Paese terzo, a meno dell’esistenza di accordi internazionali in particolare di mutua assistenza giudiziaria o analoghi accordi fra gli Stati (si veda art. 48). Si potranno utilizzare, tuttavia, gli altri presupposti e in particolare le deroghe previste per situazioni specifiche di cui all’art. 49. A tale riguardo, si deve ricordare che il regolamento chiarisce come sia lecito trasferire dati personali verso un Paese terzo non adeguato “per importanti motivi di interesse pubblico”, in deroga al divieto generale, ma deve trattarsi di un interesse pubblico riconosciuto dal diritto dello Stato membro del titolare o dal diritto dell’Ue (si veda art. 49, paragrafo 4) – e dunque non può essere fatto valere l’interesse pubblico dello Stato terzo ricevente.

Il regolamento fissa i requisiti per l’approvazione delle norme vincolanti d’impresa e i contenuti obbligatori di tali norme. L’elenco indicato al riguardo nel paragrafo 2 dell’art. 47 non è esaustivo e, pertanto, potranno essere previsti dalle autorità competenti, a seconda dei casi, requisiti ulteriori. Ad ogni modo, l’approvazione delle norme vincolanti d’impresa dovrà avvenire esclusivamente attraverso il meccanismo di coerenza di cui agli artt. 63-65 del regolamento – ossia, è previsto in ogni caso l’intervento del Comitato europeo per la protezione dei dati (si veda art. 65, paragrafo 1, lettera d) ).

Cosa non cambia?                             

Il regolamento (si veda Capo V) ha confermato l’approccio attualmente vigente in base alla direttiva 95/46 e al Codice italiano per quanto riguarda i flussi di dati al di fuori dell’Unione europea e dello spazio economico europeo, prevedendo che tali flussi sono vietati, in linea di principio, a meno che intervengano specifiche garanzie che il regolamento elenca in ordine gerarchico:

i) adeguatezza del Paese terzo riconosciuta tramite decisione della Commissione europea (si veda art. 44, comma 1, lettera b), del Codice);

ii) in assenza di decisioni di adeguatezza della Commissione, garanzie adeguate di natura contrattuale o pattizia che devono essere fornite dai titolari coinvolti (fra cui le norme vincolanti d’impresa – BCR, e clausole contrattuali modello) (si veda Art. 44, comma 1, lettera a) del Codice);

iii) in assenza di ogni altro presupposto, utilizzo di deroghe al divieto di trasferimento applicabili in specifiche situazioni (corrispondenti in parte alle disposizioni dell’art. 43, comma 1, del Codice).

Le decisioni di adeguatezza sinora adottate dalla Commissione (livello di protezione dati in Paesi terzi, a partire dal Privacy Shield, e clausole contrattuali tipo per titolari e responsabili) e gli accordi internazionali in materia di trasferimento dati stipulati prima del 24 maggio 2016 dagli Stati membri restano in vigore fino a loro eventuale revisione o modifica (si vedano art. 45, paragrafo 9, e art. 96). Restano valide, conseguentemente, le autorizzazioni nazionali sinora emesse dal Garante successivamente a tali decisioni di adeguatezza della Commissione (si veda http://www.garanteprivacy.it/home/provvedimenti-normativa/normativa/normativa-comunitaria-e-intenazionale/trasferimento-dei-dati-verso-paesi-terzi#1). Restano valide, inoltre, le autorizzazioni nazionali che il Garante ha rilasciato in questi anni per specifici casi (si veda art. 46, paragrafo 5), sino a loro eventuale modifica (si veda la sezione “Cosa cambia” per maggiori dettagli).

 

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