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Secondo il Rapporto Censis-DeepCyber 2022 solo il 17,1 % degli intervistati sa cosa si intende per cybersecurity. Tu fai parte di questi ? Allora prenditi un attimo di tempo e leggi questo articolo !
Leggiamo il rapporto completo :
- L’ESSENZIALE CYBERSECURITY
L’apprezzata digital life, ormai al centro delle nostre vite, coincide con il massimo dell’insicurezza informatica: da virus e attacchi informatici di tipo distruttivo, a furti d’identità, passando per truffe con finalità di riscatto e frodi, è ampia la gamma dei rischi che mette a rischio la vita di famiglie, aziende e istituzioni nel quotidiano.
Intermezzo promozionale ... continua la lettura dopo il box:
In un mondo ad alta competizione, dove la minaccia informatica è arma per fini illeciti e strumento per colpire gli altri, la cybersecurity diventa decisiva per difendere e promuovere benessere e libertà. Quanto ne sono consapevoli gli italiani? Quali comportamenti di prevenzione e difesa dalle tante e diverse minacce adottano? E ancora: qual è il contributo possibile della cybersecurity per la tutela dell’integrità di dati, documenti e degli stessi sistemi digitali e, in generale, per ridurre le cyber-paure che rischiano di amplificare il clima di incertezza sociale del Paese?
Sono i principali temi del Primo Rapporto DeepCyber-Censis sul valore della cybersecurity: l’esito è il racconto di un settore ormai irrinunciabile, perché solo una protezione efficace e condivisa dai rischi informatici potrà restituire la serenità necessaria per vivere bene tutti nella digital life.
- VIVERE BENE NELLA DIGITAL LIFE
Phishing, ransomware, trojan, malware, ecc.: sono termini diffusi, che richiamano alcune delle minacce informatiche con cui gli italiani fanno pressoché quotidianamente i conti, a cui si aggiungono gli attacchi informatici in grande stile verso istituzioni o aziende maggiori. Esempi sono gli attacchi contro l’Inps nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria o quelli contro istituzioni sanitarie ed i sistemi di prenotazioni vaccinali o, più di recente, quelli che hanno bloccato i sistemi di bigliettazione nelle stazioni ferroviarie.
Fatti che hanno causato rilevanti problematiche, paralizzando le regolari attività di istituzioni e aziende finite sotto attacco, con ingenti costi per le persone coinvolte.
D’altronde, sono significative le quote di italiani che hanno fatto esperienza diretta di alcuni rischi informatici: dal ritrovarsi il proprio pc infettato da un virus, al ricevere email con mittente falso, fino allo scoprire pagamenti online fatti a proprio nome tramite carte di credito clonate, passando per i furti o le violazioni di dati sensibili tramite i social, fino ad incontri sul web con malintenzionati. Nel lavoro, poi, in molti hanno sperimentato attacchi informatici contro la propria azienda.
Entrati di corsa nella digital life, diventati intensi produttori e fruitori di dati a distanza per lavoro, studio, entertainment e relazioni, gli italiani non hanno ancora una compiuta consapevolezza dell’importanza di culture, strategie, tecnologie, competenze e sistemi di protezione informatica per il proprio benessere: ad oggi, oltre un terzo degli italiani semplicemente non fa nulla per la sicurezza dei propri dispositivi informatici, e solo 1 su 4 ha un’idea precisa di cosa sia la cybersecurity.
Invece, anche i recenti eventi rilanciano il ruolo decisivo della cybersecurity, che non può più essere considerata un costo o un ambito per soli esperti e iniziati. Si tratta sempre più di un investimento sociale di interesse collettivo, perché significa rendere cittadini, aziende e istituzioni meno esposti ad attacchi malevoli, e ridurre i conseguenti costi sociali ed economici potenzialmente elevatissimi, massimizzando così i benefici e le opportunità della digital life.
- CHI SI DIFENDE DAI CYBER–ATTACCHI E CHI NO
Il 61,6% degli italiani è preoccupato per la sicurezza informatica e adotta sui propri device precauzioni per difendersi: di questi, l’82% ricorre a software e app di tutela ed il 18% si rivolge ad un esperto. Il 28,1%, pur dichiarandosi preoccupato, non fa nulla di concreto per difendersi, mentre il 10,3% non ha alcuna preoccupazione sulla sicurezza informatica (tab. 1 – Fig. 1).
In generale, quindi, quasi 4 italiani su 10 sono indifferenti o non si tutelano dagli attacchi informatici.
Tab. 1 – Italiani preoccupati della sicurezza informatica, per titolo di studio (val. %)
Lei si preoccupa della sua sicurezza informatica? | Al più la licenza media |
Diploma | Laurea o oltre | Totale |
Sì, e prendo precauzioni |
49,4 | 60,4 | 69,1 | 61,6 |
Sì, ma non faccio niente di concreto | 25,2 | 31,0 | 25,0 | 28,1 |
No | 25,4 | 8,6 | 5,9 | 10,3 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
- LA CYBERSECURITY DA FAR CONOSCERE
Il 24,3% degli italiani conosce precisamente cosa si intende per cybersecurity, il 58,6% per grandi linee, mentre il 17,1% non sa cosa sia (tab. 2). Ad averne una conoscenza precisa sono soprattutto giovani (35,5%), laureati (33,4%), imprenditori (35,4%) e dirigenti (27,7%).
Il 39,7% degli occupati dichiara di aver avuto in azienda qualche formazione specifica sulla cybersecurity, quota che raggiunge il 56,8% per le posizioni apicali (tab. 3).
Ampia è la disponibilità dei lavoratori a partecipare ad iniziative formative in azienda o altrove sulla cybersecurity: il 65,9% dei lavoratori vorrebbe parteciparvi (fig. 2).
Tab. 2 – Italiani che dichiarano di sapere cosa si intende per cybersecurity, per età (val. %)
Lei sa cosa si intende per cybersicurezza? | 18-34 anni | 35-64 anni | 65 anni e oltre | Totale |
Sì, precisamente | 35,5 | 26,5 | 11,9 | 24,3 |
Sì, a grandi linee | 57,6 | 63,7 | 49,8 | 58,6 |
No | 6,8 | 9,8 | 38,3 | 17,1 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: indagine Censis, 2022 |
Tab. 3 – Lavoratori che hanno ricevuto una formazione specifica sulla cybersecurity, per ruolo svolto in azienda (val. %)
In azienda Lei ha avuto formazione specifica
sulla cybersecurity, cioè sulle protezioni contro gli attacchi informatici? |
Dirigenti | Impiegati | Operai ed esecutivi |
Totale occupati |
Sì
No Totale |
56,8 43,2 100,0 |
47,9 52,1 100,0 |
23,5 76,5 100,0 |
39,7 60,3 100,0 |
Fonte: indagine Censis, 2022 |
- SCENE DI INSICUREZZA INFORMATICA
Al 64,6% dei cittadini (75,6% tra i giovani, 83,8% tra dirigenti) è capitato di essere bersaglio di e-mail ingannevoli il cui intento era estorcere informazioni personali sensibili, presentandosi come provenienti dalla banca di riferimento o da aziende di cui la persona era cliente. Il 44,9% (53,3% tra i giovani, 56,2% tra gli occupati) ha avuto il proprio pc/laptop infettato da un virus (tab. 4).
L’insicurezza informatica viaggia anche tramite i pagamenti online: al 14,3% dei cittadini è capitato di avere la carta di credito o il bancomat clonato, al 17,2% di scoprire acquisti online fatti a suo nome ed a suo carico. Il 13,8% ha subìto violazioni della privacy, con furti di dati personali da un device oppure con la condivisione non autorizzata di foto o video. Al 10,7% è
capitato di scoprire sui social account fake con il proprio nome, identità o foto, al 20,8% di ricevere richieste di denaro da persone conosciute sul web, al 17,1% di intrattenere relazioni online con persone propostesi con falsa identità (fig. 3).
È diffuso anche il cyberbullismo: il 28,2% degli studenti dichiara di aver ricevuto nel corso della propria carriera scolastica offese, prese in giro, aggressioni tramite social, WhatsApp o la condivisione non autorizzata di video.
Tab. 4 – Italiani che hanno subìto alcune minacce informatiche, per età (val. %)
18-34 anni | 35-64 anni | 65 anni e più | Totale |
75,6 | 74,2 | 38,9 | 64,6 |
53,3 | 52,5 | 24,7 | 44,9 |
26,1 | 19,2 | 6,9 | 17,2 |
18,8 | 16,9 | 6,1 | 14,3 |
- I CYBER–RISCHI PER AZIENDE E LAVORATORI
Il 19,5% degli occupati ha sperimentato attacchi informatici con danni agli account social o al sito web della propria azienda, il 14,7% attacchi che hanno causato la perdita di dati e informazioni (fig. 4).
Anche il lavoro da casa genera rischi per la sicurezza informatica. Al 52,8% capita di svolgere attività lavorative da casa, in remote: di questi, il 20,1% utilizza device aziendali, ma senza separarli da quelli personali per le proprie attività private.
C’è molta confusione sulle modalità di salvataggio del lavoro fatto da o in casa: infatti, l’82,1% salva gli output del proprio lavoro su singoli device.
Fonte : https://www.censis.it/
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