Informatica Legale

Sostituzione di persona

Nei giorni scorsi è entrato in vigore in California il Senate Bill 1411, legge che punisce l’appropriazione illecita in rete dell’identità altrui (e-personification). Il provvedimento, che nelle intenzioni dei proponenti dovrebbe arginare il fenomeno del cyber bullismo attraverso l’impersonificazione di altri al fine di commettere pratiche illegali quali frodi, molestie, intimidazioni e diffamazioni, punisce coloro i quali impersonano in rete consapevolmente e senza consenso e in maniera credibile altri soggetti con lo specifico intento di commettere attività illecite (“any person who knowingly and without consent credibly impersonates another actual person through or on an Internet Web site or by other electronic means for purposes of harming, intimidating, threatening, or defrauding another person is guilty of a public offense punishable pursuant to subdivision”), prevedendo come pena il carcere fino ad un anno.
La norma, quindi, richiede non solo l’impersonificazione, ma che essa sia credibile, cosa che si ha, secondo la norma, quando un terzo può ragionevolmente essere ingannato (“an impersonation is credible if another person would reasonably believe, or did reasonably believe, that the defendant was or is the person who was impersonated”), che tale attività sia effettuata consapevolmente e senza consenso della parte impersonificata, e che sia tesa a commettere degli illeciti.

Sono state sollevate alcune critiche alla legge, in particolare da coloro che la ritengono pericolosa per la libertà di parola e soprattutto di satira, in considerazione che alcune performance satiriche sono basate, appunto, sulla impersonificazione del personaggio verso cui è mossa la satira. Bisogna però rimarcare che in questi casi mancherebbe l’intento di commettere illeciti, ed anche la verosimiglianza e la capacità di ingannare dell’impersonificazione.

Per quanto riguarda l’Italia, una norma simile è prevista dall’articolo 494 del codice penale che punisce il reato di sostituzione di persona. Oggetto della tutela della norma è l’interesse riguardante la pubblica fede, in quanto questa può essere sorpresa da inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali. Trattandosi di inganni che possono superare la ristretta cerchia d’un determinato destinatario, il legislatore ha ravvisato in essi una costante insidia alla fede pubblica, e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto al nome.
Tale delitto è particolarmente facile da realizzare in rete. Il suo elemento distintivo è, appunto, la lesione della fede pubblica, intendendosi per tale la falsità che ha la capacità di ingannare il pubblico, cioè un numero indeterminato di persone. Ciò dipende generalmente dalla fiducia che le persone ripongono in segni o attestazioni, e tale affidamento consente l’inganno dei terzi.

L’art. 494 prevede quattro ipotesi attraverso le quali si perfeziona il reato:
1)    sostituzione fisica della propria all’altrui persona, che consiste nell’assunzione di contegni idonei a far apparire la propria persona diversa da quella che è;
2)    l’attribuzione a sé o ad altri di un falso nome, laddove per nome si intende uno qualsiasi dei contrassegni di identità, come il prenome, il luogo di nascita, la paternità, ecc….;
3)    l’attribuzione di un falso stato, cioè la condizione complessiva della persona nella società, comprendente la cittadinanza, la capacità di agire, la potestà familiare, la condizione di coniugato, i rapporti di parentela, ecc…;
4)    l’attribuzione di una qualità cui la legge collega effetti giuridici, come nel caso di chi dichiari di aver raggiunto la maggiore età, purché la qualità in questione sia essenziale per la realizzazione dell’atto giuridico.
Quindi, il delitto in questione non è a forma libera ma si realizza solo nelle ipotesi predeterminate, e si consuma con l’induzione in errore della terza persona. Questo comporta necessariamente un comportamento positivo dell’agente.
Ovviamente chi commette il reato lo deve fare al fine di procurare a sé od altri un vantaggio, oppure per arrecare ad altri un danno, anche se il vantaggio non deve essere necessariamente ingiusto.

Sulla base di queste premesse possiamo tratteggiare alcune ipotesi di sostituzione di persona commesse in rete. Ad esempio, integra il reato in questione la condotta di colui che crei ed utilizzi un “profilo” su social network, utilizzando abusivamente l’effige di una persona del tutto inconsapevole, al fine di comunicare con altri iscritti e di condividere materiale in rete (Cassazione penale 16 giugno 2014, n. 25774), oppure la creazione di un account di posta elettronica con un nominativo diverso dal proprio può configurare il reato di sostituzione di persona purché il gestore, o gli utenti, del sito, siano tratti in inganno credendo erroneamente di interloquire con una determinata persona mentre si trovano ad avere a che fare con una persona diversa.
Questo è quanto stabilisce la sentenza della Cassazione n. 46674 del 8 novembre 2007, la quale ritiene configurati tutti gli elementi del reato in una ipotesi come quella dell’esempio, cioè l’inganno, l’induzione in errore e l’insidia alla fede pubblica. Oppure possiamo considerare il caso di chi divulga un numero di cellulare altrui come se fosse il proprio, così ingannando l’interlocutore sulla propria identità (Cass. 18826 del 2013).
Il discrimine tra la fattispecie penale della sostituzione di persona e la semplice lesione di stampo civilistico, secondo la Cassazione, si ritroverebbe proprio nel concetto di fede pubblica, in quanto l’inganno supera generalmente la ristretta cerchia di un determinato destinatario.
Ovviamente si deve anche verificare l’esistenza del danno o del vantaggio, perché sussista il reato, che nei casi menzionati consisteva nelle diverse telefonate di uomini che chiedevano alla vittima del reato incontri sessuali.

È importante evidenziare, data la facilità con la quale in rete si può creare una personalità virtuale, che un elemento essenziale, dal quale non si può prescindere, per configurare il reato di sostituzione di persona è la presenza di un dolo specifico, appunto consistente nel perseguimento di una finalità di vantaggio, proprio od altrui, o di un danno altrui. L’accertamento del dolo è opera del giudice, è deve essere quanto mai rigoroso. In assenza di questi elementi, però, il fatto potrebbe comunque costituire altro tipo di reato, come l’accesso abusivo ad un sistema informatico.

Ricordiamo, inoltre, che aprire un indirizzo di posta elettronico utilizzando i dati personali di una persona realmente esistente, con la volontà di recare a quest’ultima un nocumento, realizza non solo il reato di sostituzione di persona, ma anche quello di cui all’art. 167 del D. Lgs 23 giugno 2003 n. 196 (Codice della privacy). Tale condotta costituisce una vera e propria sostituzione di identità che permette all’agente di concludere contratti con il provider per l’erogazione di servizi, in nome e per conto di terzi. Per questo il Garante per la protezione dei dati personali ha sancito espressamente che la circostanza che gli indirizzi email siano conoscibili da una pluralità di soggetti non li rende liberamente utilizzabili e non autorizza comunque l’invio di informazioni, di qualunque genere, senza un preventivo consenso.

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