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La Cassazione conferma la sentenza penale di condanna per diffusione di un numero di cellulare via Internet

La recente pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione 17 febbraio-1° giugno 2011, n. 21839 fa riflettere.

I fatti alla base della decisione paiono, nella loro essenza, estremamente semplici: un soggetto diffonde via chat il numero di telefono cellulare di un altro soggetto, senza consenso di quest’ultimo. Tale condotta, secondo la decisione, integra il reato di trattamento illecito di dati personali, disciplinato dall’art. 167 del Codice per la protezione dei dati personali.

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È bene ricordare che gli elementi costitutivi di questa fattispecie di reato sono tre:

1) che il trattamento sia di per sé illecito, cioè in violazione di alcune specifiche disposizioni del Codice

2) che si configuri il dolo specifico, cioè la volontà di arrecare un danno o conseguire un profitto

3) che un danno (nocumento) sia stato effettivamente cagionato.

Ora, da quanto si ricava dalla decisione, il trattamento era senz’altro illecito. Il dato personale (il numero telefonico del cellulare) era stato trattato, più precisamente diffuso via Internet, senza il consenso dell’interessato.

Questa condotta, a quanto si desume, era stata posta in essere dal reo allo scopo di arrecare un danno all’interessato e il danno era stato effettivamente prodotto. Su questo punto, si segnala, la Cassazione sembra favorevole al riconoscimento di un danno in re ipsa, ma non è possibile approfondire questo aspetto in questa sede.

La Corte di cassazione conferma quindi la sentenza penale di condanna.

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Pur sembrando la decisione condivisibile, nei limiti degli scarni elementi di fatto riportati nella sentenza pubblicata, si rileva un errore.

Il numero di telefono cellulare è certamente dato personale ma non dato sensibile. La decisione, invece, si riferisce al numero di telefono cellulare come ad un dato sensibile.

Le due definizioni, contenute nell’art. 4 del Codice per la protezione dei dati personali sono invece estremamente chiare e non danno luogo ad equivoci.

Il dato personale è, in sintesi, qualunque informazione riferibile ad un soggetto: dunque sia il numero dell’utenza telefonica fissa, sia il numero dell’utenza telefonica mobile.

Dati “sensibili” sono soltanto i dati espressamente e tassativamente elencati dall’art. 4, comma 1, lett. d), cioè: “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”. Fra questi non vi è il numero di utenza telefonica cellulare.

“Dato sensibile” non è, sotto il profilo giuridico, sinonimo di “dato riservato”. Il dato riservato nella legge non esiste, mentre il dato sensibile è soltanto quello che rientra nell’elenco sopra riportato.

Il numero di telefono cellulare è un dato personale ma non un dato sensibile. Questo è un errore che viene frequentemente commesso dai non addetti ai lavori.

Ciò non significa affatto che il numero di telefono cellulare possa essere liberamente trattato e diffuso da chiunque: è un dato personale e quindi per ogni trattamento occorre il consenso dell’interessato.

Se fosse stato dato sensibile, allora sarebbe stata necessaria anche l’autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali e il reato sarebbe stato aggravato. Non essendo dato sensibile, ma dato personale, comunque si configura un reato.

Che la Corte di cassazione incorra in questo errore, dimostra che la cosiddetta legge sulla privacy è ancora ben lontana dall’essere conosciuta e che il livello di consapevolezza e di cultura giuridica è ancora estremamente basso.

Giusella Finocchiaro

La Cassazione conferma la sentenza penale di condanna per diffusione di un numero di cellulare via Internet