Quando parliamo di WhatsApp ci soffermiamo spesso e volentieri sulle bufale e le truffe che vengono messe in circolazione, al punto che di recente vi abbiamo parlato sulle nostre pagine di un aggiornamento utile a limitare proprio il fenomeno in questione. Tuttavia, all’interno delle chat, soprattutto quelle dei gruppi, è sempre più frequente un altro tipo di problema. Mi riferisco alle offese pubbliche verso altri membri della cerchia, al punto che da oggi 25 febbraio dobbiamo assolutamente prendere in esame un nuovo caso storico in ambito giuridico.
Secondo quanto riportato da La Voce del Trentino, infatti, la Cassazione potrebbe aver cambiato in meglio il modo in cui siamo abituati ad utilizzare i gruppi WhatsApp. Attraverso una sentenza della quinta sezione penale, infatti, è stato decido di prosciogliere dalle accuse un ragazzino che all’epoca dei fatti aveva 14 anni. I fatti contestati si riferiscono proprio alle offese rivolte ad una sua coetanea in un gruppo, ma il verdetto è semplicemente figlio dell’età dell’imputato.
La pronuncia, infatti, ci dice che da questo momento non si parlerà più di semplice ingiuria, ma di vera e propria diffamazione. Con tutti gli effetti del caso per coloro che sono abituati a parlare senza riflettere troppo su quello che si scrive verso le persone all’interno di questi gruppi. Il contesto “multiutente” di cui vi sto parlando oggi, secondo il gup di Bari, prevede l’aggravante della “dimensione ben più ampia di quella interpersonale tra offensore e offeso”.
Insomma, basta questa variante per rendere decisamente più tutelati, dal punto di vista della reputazione, i gruppi WhatsApp. Sarà interessante capire quale sarà la prossima pronuncia della Cassazione appena ci sarà un caso con il cosiddetto “offensore” di età non così giovane. Assisteremo finalmente alla prima condanna per diffamazione? Staremo a vedere.
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La certificazione di una chat WhatsApp che conferisce ad un messaggio ricevuto il valore di una prova legale, può essere eseguita anche da remoto da uno studio di informatica forense ( ricordiamo che uno screenshot non è ritenuto una prova valida ai fini legali ).
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